Le ultime vicende relative alla questione greca – dalla proposta del cosiddetto Eurogruppo del 25 giugno, all’esito del referendum greco del 5 luglio, la ripresa e la conclusione della trattativa, fino al voto favorevole del Parlamento – obbligano ad una valutazione complessa e necessariamente articolata. Se è ormai diffusa la consapevolezza che gli ultimi eventi investono l’insieme della situazione europea, di certo, occorre procedere con grande rispetto nel formulare un giudizio sulla vicenda, vista la condizione di un popolo che si trova da anni in grande difficoltà economica e sociale, progressivamente impoverito e continuamente spinto dall’intransigenza della linea europea dell’austerità in uno scenario sempre più emergenziale, con banche chiuse da settimane, sul ciglio del fallimento, ma che al momento cruciale ha risposto con un atto democratico di riscatto e dignità. Le informazioni sull’emergenza ellenica sono sempre state filtrate e veicolate contro le scelte del Governo greco. Come affermano anche importanti personalità del mondo scientifico, niente può giustificare la pervasiva retorica del fallimento, in realtà funzionale solo a sostenere l’impossibilità di un’alternativa alle attuali politiche di austerità. Alternative che invece esistono, ma che purtroppo non sono sufficientemente sostenute dai partiti socialdemocratici in Europa. Il giudizio sulla vicenda greca, quindi, va formulato tenendo conto di tre ordini di questioni: misure di breve periodo; misure strutturali e di medio lungo periodo; effetto politico della vicenda sul futuro dell’Europa.