da repubblica.it – MILANO – L’investitore italiano non ha cultura finanziaria, ha scarsa comprensione degli andamenti e delle innovazioni dei mercati e mostra in alcuni casi distorsioni comportamentali (diversificazione di portafoglio e contabilità mentale). Ma non basta perché è avverso alle perdite e al rischio di ottenere rendimenti inferiori alle aspettative e ha una scarsa comprensione del processo decisionale. E’ questa la fotografia dell’investitore nostrano scattata dalla Consob e presentata in una ricerca.
Eppure, nononstante tutto, gli italiani mostrano un rinnovato interesse per i mercati finanziari, anche se rimangono orientati verso i prodotti liquidi. Di certo, non piace pagare il servizio di consulenza ai professionisti, per cui si cercano più gli amici, i parenti e i colleghi per i consigli di Borsa. E anche una volta che il sevrizio viene pagato rimane una forte difficoltà nella valutazione del servizio ricevuto e una bassa consapevolezza dell’importanza dello scambio informativo con il consulente.
La ricerca presentata dalla Consob è stata condotta dalla Multifinanziaria Retail Market insieme con Osservatorio su ‘L’approccio alla finanza e agli investimenti delle famiglie italiane‘ (GfK Eurisko). Il campione è stato di circa 2.500 famiglie, mentre l’osservatorio ha coinvolto mille famiglie. Il decisore finanziario all’interno del nucleo familiare è stato individuato come il percettore di reddito più elevato in famiglia (o l’uomo più anziano quando nessuno lavora, o la donna più anziana quando non ci sono uomini in famiglia) di età compresa fra 18 e 74 anni, escludendo i soggetti che lavorato nel settore finanziario (bancario, assicurativo e della consulenza finanziaria).
Più del 20% degli intervistati dichiara di non avere familiarità con alcuno strumento finanziario e la stragrande maggioranza degli intervistati non comprende il concetto di tassi di interesse negativi, né conosce fenomeni innovativi quali la consulenza automatizzata (robo advice) e il crowfunding. Ben Il 39% circa degli investitori mostra una scarsa comprensione del processo decisionale di investimento, mentre solo il 6% degli intervistati comprende correttamente la nozione di diversificazione del portafoglio.
Alla fine del 2015, una famiglia su due partecipa ai mercati finanziari e ad attrarre gli investitori è la disponibilità di prodotti a capitale protetto e/o rendimento minimo
garantito. In fatto di consulenza, più di un terzo degli investitori si affida ai suggerimenti di familiari e amici (informal advice), piuttosto che di esperti. Solo il 28% degli investitori si avvale della consulenza MiFID. E’ la dimensione ridotta degli investimenti il principale fattore che scoraggia la domanda di consulenza. Due terzi degli investitori
chefruiscono della consulenza tuttavia decidono di applicare i consigli ricevuti. Quando c’è da pagare, tutti invece, storcono il naso. La maggior parte degli investitori non risulta consapevole dell’importanza dello scambio informativo con l’intermediario.