Articolo ad integrazione della nostra guida alle responsabilità disciplinari e patrimoniali:
In Italia inizia a diffondersi la tesi politica secondo cui “bisogna” superare il concetto di orario di lavoro come parametro della retribuzione. In realtà, presentata in termini così sintetici più che una tesi politica è una boutade. Ma anche formulata in modo così sintetico adombra l’ingresso nel lavoro dipendente di un principio tipico del lavoro autonomo: tutti quanti sappiamo come il compenso di un libero professionista è correlato a parametri che possono essere molto molto diversi dal tempo impiegato per svolgere la prestazione professionale.
Nelle banche, nelle assicurazioni ed in altre realtà lavorative, la tesi secondo cui “siamo tutti liberi professionisti” si sta diffondendo: l’idea di essere un libero professionista e non un impiegato magari di grado anche modesto, può essere gratificante, ma non è reale e può portare ad equivoci assai insidiosi.
Il lavoro dipendente – come quello nelle banche e nelle assicurazioni – è retto dall’art. 2094 del codice civile, che così recita:
“È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.”
La formulazione del codice civile del 1942 è certamente datata, è vagamente evocativa di una gerarchia militare, ma ne discendono alcuni principi di assoluta semplicità e di assoluta attualità.
Il libero professionista organizza il proprio lavoro in piena autonomia, con il fine di raggiungere il risultato: sceglie gli orari, il metodo, le procedure, le regole. Il lavoratore dipendente non può prendere queste decisioni in autonomia; è l’imprenditore che stabilisce le regole secondo cui il lavoratore deve svolgere le proprie mansioni e stabilisce altresì le sanzioni che derivano dall’inadempienza di tali regole.
Alla fine, fingere di essere dei liberi professionisti e che il rapporto di subordinazione non esista, non solo è illusorio, ma espone a concreti rischi disciplinari.
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Alberto Massaia – Corinna Mangogna