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Oggi si è conclusa, con un “nulla di fatto”, la procedura ex Art. 47 L. 428/1990 relativa alla scissione parziale proporzionale di un ramo di Unipol Banca in favore di una società di nuova costituzione (UnipolRec). Non è stato possibile giungere alla sottoscrizione di un accordo in quanto l’azienda, con una scelta miope, improvvida e irresponsabile, ha sin qui negato ai colleghi che rientrano nel perimetro di cessione l’applicazione del CCNL del credito, intendendo applicare il contratto del commercio.
I Segretari Nazionali di tutte le OO.SS., presenti all’incontro odierno, hanno ribadito con fermezza la gravità della posizione aziendale, che creerebbe un pericolosissimo precedente in categoria.
Avevamo già rilevato, in avvio della procedura, incongruenze di natura tecnico-giuridica nella formulazione della comunicazione di avvio della stessa consegnata alle OO.SS, come dovuto. Su questi aspetti, le risposte fornite dall’azienda non ci hanno soddisfatto e, pertanto, la disamina passerà alle strutture legali delle scriventi organizzazioni.
L’aspetto più grave comunque, e nel contempo preoccupante, risulta l’allineamento del Gruppo Unipol con la corrente tendenza nel nostro settore alla destabilizzazione dell’area contrattuale. Non ci convincono affatto le motivazioni, pretestuose e strumentali, con le quali l’azienda tenta maldestramente di attribuire la responsabilità del cambiamento di contratto di lavoro alla interpretazione delle indicazioni ricevute da Banca d’Italia, in merito alla necessità di “segregare” l’attività legata al recupero degli NPL in un contesto totalmente scollegato dalla banca cedente: noi siamo invece sicuri che Banca D’Italia non l’ha chiesto, perché non lo può chiedere ! Riteniamo invece che la discontinuità si debba attuare nelle linee gestionali e manageriali della nuova società, non certo nell’ambito del contratto di lavoro applicato alle maestranze.
L’operazione di complessivo riassetto del comparto bancario del Gruppo, di per sé utile e apprezzabile, viene “sporcata” da una incomprensibile volontà di penalizzare, nei fatti, i colleghi coinvolti. L’azienda intende infatti applicare, oltre ad un contratto nazionale diverso, un regolamento, sostitutivo del Contratto Integrativo, deciso unilateralmente e non condiviso con le rappresentanze dei lavoratori. Non si è inoltre tenuto assolutamente conto del desiderio dei colleghi coinvolti, più volte espresso al tavolo, di mantenere il contratto di riferimento del credito. Ciò appare tanto più incomprensibile se si verifica, nei fatti, che non si tratta di una volontà di contenimento dei costi, ma soltanto di una scelta arbitraria. Al contempo, l’elemento di garanzia in termini di futura ricollocazione all’interno del Gruppo dei colleghi oggi ceduti, che si intenderebbe fornire, non escluderebbe alcuni rischi legati ad una eventuale cessione dell’azienda ed al quadro normativo vigente in tema di disciplina dei contratti di lavoro.
Giunti a questo punto, siamo curiosi di sapere come il Gruppo potrà giustificare queste scelte alla luce dei principi etici e della carta dei valori di cui sempre più spesso si “riempie la bocca”.
QUESTO SCENARIO NON RIGUARDA SOLO I COLLEGHI CHE VERRANNO “CEDUTI”: NEL TEMPO POTREBBE COINVOLGERE OGNI STRUTTURA DELLA BANCA E QUALUNQUE LAVORATORE! NESSUNO SI SENTA ESCLUSO DALLA BATTAGLIA CHE INTRAPRENDEREMO.
Per quanto ci riguarda, attueremo tutte le iniziative utili e necessarie a contrastare le scelte aziendali; convocheremo a breve le assemblee dei lavoratori per illustrare nel dettaglio la situazione e le azioni di mobilitazione che intendiamo attuare, dando loro voce e visibilità a livello mediatico.
Bologna, 8 novembre 2017.