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OSSESSIONE
E’ cosa nota, il 5 agosto 2017 abbiamo firmato un accordo, sofferto e doloroso con il preciso e unico scopo di evitare che la BPB, in condizioni di estrema difficoltà, facesse pagare, come tutte le aziende sono solite fare, le proprie difficoltà di mercato, le proprie carenze organizzative ai lavoratori e alle lavoratrici facendo ricorso ad esternalizzazioni selvagge, chiusure di sedi in tutta Italia e financo licenziamenti collettivi.
In tanti non hanno creduto e tuttora non credono che il rischio di pesanti tagli al personale del Gruppo BPB fosse/sia reale.
Tanti altri, di contro, la maggioranza, che non urla ma ti dà forza, hanno compreso e sostenuto, anche al termine di aspre assemblee, le ragioni di chi, con coraggio, ha sottoscritto un accordo che non scommette sulla pelle delle persone e che, puntando sul concetto di solidarietà tra colleghi e colleghe, ha condiviso sacrifici per il primario bene collettivo e individuale: la tutela dei posti di lavoro.
Giova ricordare che nel negoziato dell’estate del 2017 si è partiti da una pretesa aziendale di tagli strutturali al costo del personale per €.30mln all’anno – i famigerati 504 esuberi dichiarati – scesi poi a circa €.19mln annui nel corso del negoziato da spalmare, in 3 anni, su una platea di ca.3.060 dipendenti, quasi 250 unità in meno rispetto all’anno precedente.
Questi i numeri, questi i fatti.
Altro elemento significativo della storia di questo di tale accordo è che la compagine sindacale si è presentata divisa, con First/Cisl e Uilca, sul cd. “secondo tavolo”, a scommettere sulle difficoltà di Fabi, Fisac/Cgil, Unisin di giungere a sintesi – per poi accreditarsi all’azienda come interlocutori affidabili e pronti alla firma, chissà con quali altri tagli ai costi, ma sempre pronti alla firma! -.
La cronaca invece ci rassegna che il “primo tavolo” ha tenuto ed ha siglato l’accordo che tutti conosciamo e che il “secondo tavolo” in assenza di un piano B ha perso le staffe e si è lanciato in un’ossessiva guerra del consenso per cercare di rovesciare i rapporti di forza rappresentativa – cosa tra l’altro non riuscita -.
Ma la conseguenza peggiore di questa deleteria e costante aggressione verbale a Fabi, Fisac/Cgil e Unisin è che si è ingenerata divisione e confusione tra i lavoratori e le lavoratrici, anche irretiti da fake news e molti hanno perso di vista che è l’Azienda la responsabile del malessere e non questa o quella Organizzazione Sindacale.
E’ l’Azienda che determina, sceglie, opera. Male!
Il Sindacato, ogni Sigla con sensibilità differenti, rappresenta i dipendenti.
Se ne possano condividere o meno le prassi ma l’azione sindacale, quale che sia, non è la causa ma il tentativo di soluzione dei problemi del mondo del lavoro.
Nel Gruppo BPB questo compito è particolarmente difficile per l’assenza di una diffusa cultura di pieno rispetto delle corrette relazioni industriali, perché banca con troppe anime che poco interagiscono tra loro, con il risultato che a patire son sempre i soliti, nella parte più “bassa” della forza lavoro o in quella che non ha “santi in paradiso”, terminali di tutte le disfunzioni aziendali e che però devono farsi in quattro per portare a casa i risultati.
A questo Gruppo diciamo, a voce alta, che la nostra coerenza non può pagare per le sue inefficienze organizzative, la nostra dignità nel lavoro e nell’attività sindacale non può scontare l’incoerenza comportamentale dei suoi dirigenti, la nostra onestà di intenti nella difesa del lavoro e della qualità del lavoro non può essere oggetto di strumentalizzazioni per ossessivi giochi di potere, aziendali e di altre forze sindacali.
Da ultimo, non è possibile non rispondere alla proditoria comunicazione della Banca di passare alla solidarietà difensiva obbligatoria.
Tale documentazione, consegnataci martedì 13 scorso, da noi è stata ritirata solo per presa visione.
È un modo di fare che non possiamo accettare nel metodo e nella forma perché figlio di una cattiva abitudine aziendale di procedere in anticipo e a strappi in ragione delle proprie esigenze, anche temporali e non condivise, di fatto considerando, in casi come questo, il confronto sindacale come mero atto notarile.
In ragione di ciò invitiamo l’Azienda a fermare le proprie iniziative unilaterali e a tutti e tutte diciamo di attendere gli esiti di prossimi incontri che chiediamo vengano calendarizzati con la massima sollecitudine.
In realtà il testo dell’accordo 05/08/2017, all’art.8, recita: “…Qualora all’esito della verifica dovesse risultare che le giornate di sospensione volontaria siano inferiori al numero di giornate di sospensione complessivo sopra indicato, le Parti si incontreranno per valutare le misure da adottare. Le Parti convengono che l’eventuale applicazione obbligatoria delle giornate di solidarietà di cui al presente articolo è subordinata al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo precedente…”.
E, all’art.7: “…L’Azienda porrà in essere concrete azioni volte a ridurre il valore delle Altre Spese Amministrative (incidendo in particolar modo sulle consulenze professionali) la cui riduzione dovrà essere non inferiore ad 8 milioni di euro, con esclusione delle consulenze dovute all’introduzione di innovazioni tecnologiche. Le Parti convengono sulla necessità che i componenti del Board e il Top Management pongano in essere significative iniziative volte a fornire un importante contributo alla riduzione dei costi aziendali, operando una decurtazione pari ad almeno il 30% dei loro compensi…”.
Quali i nostri passi ora?
La prima cosa da fare richiedere fase di serrati incontri, lavorare contro il tempo per dare coerente attuazione alla lettera dell’Accordo.
Inoltre, stante il netto miglioramento del rapporto costi/ricavi di Gruppo ci incontreremo nei prossimi giorni anche per determinare, rapidamente, la percentuale di contribuzione al Fondo Integrativo di Pensione da ripristinare a carico dell’Azienda e in favore dei dipendenti a partire dal mese di aprile.
A questo si aggiunga il riconoscimento formale, in equa misura, dei buoni-pasto a chi fruirà delle giornate di assenza in solidarietà dal lavoro in maniera frazionata.
Subito dopo occorre avviare un confronto che, in ossequio all’accordo tra ABI e Segreterie Nazionali sindacali unitarie sulle pressioni commerciali, porti alla stesura di un testo condiviso che vada ad incidere sull’odiosa degenerazione delle spinte commerciali fatte a suon di minacce, vessazioni, demansionamenti, trasferimenti, contestazioni disciplinari, negazione di diritti, discriminazioni di genere.
Si pensi, solo a titolo di esempio, alle quotidiane email con classifiche, report, statistiche, scritte in rosso, corredate da mal dissimulate minacce verbali che hanno il solo effetto di mortificare chi lavora oltre che a sottrarre tempo al lavoro stesso per le repliche.
Ci vengono poi in mente le degradanti condizioni di lavoro nei vari Customer Center dove colleghi e colleghe – bancari e bancarie, dunque – sono sottoposti a, ossessivi e per noi illegittimi, controlli su come è impiegato ogni singolo minuto della giornata.
A proposito di Customer Center è bene sapere che eravamo sul punto di sottoscrivere un accordo che avrebbe dato, a chi è lì assegnato, formazione in funzione di futura crescita professionale, garanzie e maggior dignità nel lavoro ma denunce, pur legittime, agli organi ispettivi del lavoro e della salute fatte da altre sigle sindacali in alcuni territori in cui sono presenti sedi di tale ufficio, hanno avuto l’effetto di far arroccare la delegazione aziendale in attesa degli esiti di tali ispezioni.
Ecco un esempio concreto di come un certo protagonismo sindacale, figlio anche del clima di divisione e della competizione, per certi versi anche condivisibile negli intenti, possa risultare improvvido e non a vantaggio dei lavoratori.
Ci piacerebbe chiudere al più presto questa fase cosi turbolenta per passare a ragionamenti di più ampio respiro.
Nostra ambizione, lo abbiamo già scritto e detto altre volte, è quella di portare l’azienda a discutere di quelli che riteniamo di essere i suoi nodi principali, i suoi problemi atavici:
– l’organizzazione del lavoro;
– la gestione del personale, nella sua accezione più ampia.
Non è più accettabile, per esempio, che la Banca, dopo la cessione, strategica, della gestione di larga parte dei suoi crediti deteriorati a Cerved ( e cessione soprattutto degli uomini e delle donne che lavoravano all’Ufficio Collection, ancora nostri compagni di viaggio che continuiamo a seguire e per le quali abbiamo sottoscritto un accordo dotato di tutele che non hanno riscontro in nessun altro caso analogo nel settore ) non sia ancora in grado di governare la relativa attività tipica e le criticità insorte venuto meno l’ufficio che in precedenza se ne occupava.
Non è sostenibile che vi siano colleghi e colleghe che attuano modelli organizzativi di là a venire – ma in elaborazione da quasi due anni ormai – non supportati da un regolamento/ordinamento della Banca.
“Capi distretto”, sviluppatori etc. quando potremo formalmente discuterne per parlare di inquadramenti – e magari anche recuperare le figure che ci siam persi strada facendo quali direttori Hub, vicedirettori Hub, segmenti e quant’altri agiscono con una denominazione che non trova riscontri/riconoscimenti formali -?
E vogliamo anche ragionare di formazione, legata alla crescita professionale, certificata, qualificante, offerta a tutti e costruita con le Organizzazioni Sindacali, sì da sottrarre all’attuale arbitrio di questo o quel pezzo di Banca la sorte lavorativa dei singoli per affidarla, in qualche misura, alle volontà e capacità riscontrabili di ciascuno e anche per favorire una migliore produttività.
Altro che costosi assessment per scoprire, quasi sempre, quello che già si conosce delle persone coinvolte.
Quanto alle relazioni industriali, il top management BPB, tutto, deve comprendere che sono un fattore chiave per il funzionamento e il successo di un’impresa.
Il Sindacato è elemento di mediazione ma anche di rivendicazione e il Sindacato, questo Sindacato, sta dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici sempre, soprattutto nelle fasi più difficili come quella che stiamo attraversando, nel pieno della più grande crisi economica internazionale della storia contemporanea.
All’Azienda chiediamo coerenza e rispetto: se non ce li darà ce li conquisteremo da soli, mostrando il nostro volto più duro.
Alle altre Organizzazioni Sindacali facciamo notare la pulizia della nostra comunicazione fatta di atti concreti e formali, giammai per basse insinuazioni o becere strumentalizzazioni.
Sono tanti ormai che vedono, oltre la cortina fumogena degli attacchi al “primo tavolo” una ossessionata lotta di potere per il primato sindacale.
Non va bene.
E, soprattutto, fa male ai colleghi e alle colleghe che invece ci chiedono a gran voce l’unità.
E’ l’Azienda la nostra controparte!
Bari, 16 marzo 2018
Le Segreterie di Coordinamento
FABI – FISAC/CGIL – UNISIN (Falcri,Silcea,Sinfub)
Gruppo BPopBari