Autorità, Signore e Signori, cari Colleghi, vi porgo un caloroso benvenuto e i più sentiti ringraziamenti per aver accolto l’invito a questa nostra assemblea annuale.
L’Assemblea è per noi una preziosa opportunità per fare il punto sull’industria, ma anche e soprattutto per confrontarci sulle sfide economiche e sociali nel contesto del nostro Paese e dell’Europa, di cui siamo e vogliamo continuare ad essere parte integrante ed attiva.
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PREMESSA
Le elezioni del 4 marzo scorso ci hanno consegnato un Paese profondamente diverso. La lunga crisi economica, i rapporti con i partner europei, i temi della sicurezza, del lavoro, dell’immigrazione, del Sud, del fisco sono alla base del cambio totale del quadro politico. Il Governo nato il 1° giugno scorso è la risultante di un raggiunto equilibrio tra le forze politiche vincenti e tra queste e il Quirinale, custode e garante dei principi sanciti dalla Costituzione repubblicana.
Come parte del mondo imprenditoriale, abbiamo assistito con preoccupazione all’involuzione di una crisi istituzionale sulla quale hanno giocato le forze della speculazione internazionale. Il rasserenarsi dei rapporti tra istituzioni e la nascita di un governo politico, che ha tra i suoi principali obiettivi il rilancio dell’economia, riaccendono in noi l’attesa fiduciosa di interventi importanti che permettano a tutti gli attori del sistema di esprimere al massimo le proprie energie e potenzialità.
La guida autorevole e ferma del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, gli impegni presi dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dalle forze politiche di Governo sono i pilastri sui quali dovrà dispiegarsi la nuova stagione del nostro Paese. Un’Italia con istituzioni solide, capaci e dialoganti è un’Italia nella quale il mondo della produzione, dell’impresa si sente più forte, più coinvolto e supportato nelle difficili sfide che lo attendono dentro e fuori i confini nazionali.
È indubbio che le sfide da affrontare con assoluta priorità nel nostro Paese sono quelle relative alla crescita economica e occupazionale e al welfare dei cittadini.
Si tratta di esigenze tra loro fortemente correlate alle quali, almeno nel breve termine, è necessario dare risposte parallele e veloci, tenendo peraltro conto delle sfide globali che rendono più complesso il quadro futuro.
Penso innanzitutto all’innovazione, trainata dalla tecnologia, che ha già cambiato le abitudini di vita e di acquisto di ognuno di noi, con ricadute evidenti sulla struttura produttiva e sull’occupazione.
Per non parlare dell’esplosione dei dati da gestire e del grande rischio che questo fenomeno comporta sotto molteplici aspetti per le aziende e ormai anche per le persone. Si stima che tra 5/7 anni ci saranno 150 miliardi di nuovi dispositivi connessi.
E poi, i cambiamenti demografici, determinati dall’allungamento dell’aspettativa di vita e dalla bassa natalità, in particolare nei Paesi più sviluppati. Cresceranno inevitabilmente i bisogni sanitari, assistenziali, previdenziali, ai quali sarà necessario offrire soluzioni per assicurare, anche in età avanzata, una qualità della vita accettabile.
Ed ancora, la sfida ambientale e le conseguenti catastrofi naturali, sempre più frequenti e severe, i flussi migratori, l’evoluzione della geografia economica a seguito dei profondi riassetti dei tradizionali equilibri politici ed economici.
In questo quadro noi assicuratori riteniamo di poter e dover avere un ruolo centrale di supporto al sistema. La mission naturale della nostra industria è infatti quella di raccogliere, tutelare e sviluppare il risparmio degli italiani, investirlo nell’economia e proteggere i cittadini, le famiglie e le imprese dai più comuni rischi, liberando così risorse per lo sviluppo.
I dati di consuntivo 2017 confermano ancora una volta la centralità, la solidità e l’affidabilità del settore.
La raccolta premi complessiva delle imprese italiane ha sfiorato i 131 miliardi di euro: 100 miliardi si riferiscono al settore vita, 16 miliardi al settore auto e altrettanti agli altri rami danni. A questi premi si devono aggiungere quelli raccolti dalle imprese europee che operano in Italia, pari a 17 miliardi nel vita e oltre 4 miliardi nel danni.
Gli investimenti degli assicuratori italiani hanno raggiunto 850 miliardi di euro, pari al 50% del PIL; quasi due terzi di essi sono a fronte delle polizze vita tradizionali, polizze che hanno reso, in media, il 3%. Oltre 300 miliardi sono investiti in titoli di Stato italiani.
Gli oneri per i risarcimenti relativi ai circa 6 milioni di sinistri denunciati nel 2017 nei rami danni hanno superato i 22 miliardi di euro, circa la metà nell’auto.
Il settore ha realizzato utili netti per 6 miliardi, di cui solo circa 400 milioni nel settore auto, che peraltro ha registrato un disavanzo nella gestione corrente.
La solidità delle nostre imprese è attestata da indici di solvibilità di assoluta sicurezza, anche nel confronto internazionale: a fine 2017, il capitale disponibile era pari a quasi due volte e mezzo quello richiesto.
Il settore corrisponde imposte che sfiorano i 6 miliardi l’anno. Vanta un credito di imposta crescente, derivante dall’acconto dovuto sulle riserve tecniche: alla fine del 2017, tale credito ha raggiunto la somma di 8,5 miliardi, per le difficoltà strutturali connesse al suo recupero, a cui è necessario porre rimedio. Le imposte sui premi assicurativi fanno affluire ulteriori risorse all’Erario per quasi 20 milioni di euro al giorno.
Inoltre, il settore dà occupazione, in via diretta e indiretta, a circa 300 mila persone che, con la loro attività, la loro professionalità hanno contribuito a tali risultati.
Su queste basi e tenuto conto dello scenario delineato, riteniamo di poter dare il nostro fattivo contributo agendo su tre principali leve: la messa in sicurezza del Paese, la tutela del risparmio delle famiglie e il finanziamento di medio e lungo termine dell’economia reale.
LA PROTEZIONE DI FAMIGLIE E IMPRESE
La nostra industria offre già oggi soluzioni mirate ad assicurare gli individui, le famiglie e le imprese anche rispetto ai nuovi bisogni emergenti di protezione e di assistenza (dalla tradizionale r. c. auto al cyber risk).
Il loro livello di protezione non è tuttavia ancora adeguato ai tempi che viviamo, alle caratteristiche sociali e geografiche del nostro Paese e, soprattutto, ai cambiamenti che si delineano per il prossimo futuro.
Riteniamo che vada innanzitutto rafforzato il sistema di welfare, aprendolo a necessarie e utili sinergie con risorse private integrative. Si tratta
di sviluppare l’attuale sistema di previdenza complementare, a cui ben 18 milioni di lavoratori non sono ancora iscritti. Occorre informare i cittadini in modo chiaro sulle aspettative di pensione pubblica e rendere il sistema complementare più flessibile e più incentivato, soprattutto per le fasce più deboli: i giovani, le donne, i lavoratori del Sud.
Assai delicato è anche il tema del sistema sanitario e assistenziale, per il quale non è ancora strutturato un regime complementare di supporto al prezioso sistema pubblico. La conseguenza è che la spesa privata ha raggiunto, secondo l’Istat, i 40 miliardi – più di 1.500 euro a famiglia – cui va aggiunta la spesa per la cura degli anziani.
Si consideri poi che la spesa privata è in buona parte relativa a prestazioni già previste dal sistema pubblico e che solo in minima parte – il 9% – proviene da forme assicurative e mutualistiche. Nel resto dell’Europa questa quota supera il 30%.
Sono evidenti gli effetti di tale situazione in termini di impiego non efficiente delle risorse e, ancor più, in termini di rischio cui rimane esposto un numero crescente di famiglie, costrette a rinunciare alle cure e all’assistenza.
Siamo convinti quindi che vada avviata una collaborazione tra il settore pubblico e quello privato per individuare le soluzioni adatte a definire gli ambiti di rispettiva copertura e ottimizzare la spesa privata delle famiglie.
Attualmente svolgiamo un ruolo importante in ambito collettivo, aiutando le imprese nelle molte iniziative di welfare aziendale. Crediamo che tale ruolo possa e debba essere giocato anche a livello individuale, garantendo un trattamento fiscale uniforme per tutti gli aderenti alle forme integrative, sia collettive che individuali. Ad esempio, chi oggi aderisce ad un fondo collettivo ha diritto a una deduzione fiscale di 3.615 euro annui, deduzione che non spetta a chi sottoscrive una polizza individuale.
La tutela dell’ambiente e i temi della messa in sicurezza del nostro territorio così fragile, nonché della ricostruzione, costituiscono un altro necessario fronte di intervento. Gli incentivi fiscali introdotti dalla scorsa Legge di Bilancio registrano effetti positivi, visto che l’estensione delle coperture incendio ai rischi catastrofali è passata dal 5% del 2016 a oltre il 10% nel 1° trimestre 2018. Ma il patrimonio immobiliare del nostro Paese continua a essere sostanzialmente privo di protezione, visto che le abitazioni assicurate per tali rischi ancora non raggiungono il 3% del totale.
Un’azione risolutiva in questo ambito dovrebbe essere realizzata, così come avviene in tutti i Paesi sviluppati, poggiando su un sistema strutturato di gestione ex ante dei rischi imperniato sulla prevenzione.
Ancora una volta il settore assicurativo può mettere a disposizione la propria expertise, la connaturata capacità di valutazione e gestione dei rischi, di sostegno alla ricostruzione e di fornitura di servizi concreti per ogni necessità connessa.
Un’attenzione particolare merita anche il sistema di assicurazione obbligatoria auto, sostenuta da una normativa di base risalente al 1969 e più volte rivista, non sempre organicamente.
I prezzi, grazie anche al contenimento dei sinistri e delle frodi, sono diminuiti nell’anno del 2,5%, per una riduzione complessiva del 27% in 5 anni. La differenza rispetto alla media dei principali paesi europei si è così ridotta, nello stesso periodo, da 213 a 78 euro, di cui 40 euro dovuti al differenziale di imposta. Anche il divario territoriale tra le aree con prezzi più alti e quelle con prezzi più bassi è diminuito di quasi il 40%.
Si tratta ora di continuare a combattere le frodi, ancora a livelli ben superiori rispetto alla media europea, e di ridurre un contenzioso elevato ma concentrato in poche aree. L’attestato di rischio dinamico, entrato in vigore in queste settimane grazie alla collaborazione con l’IVASS, segna un grande passo nella lotta alle frodi. Ma certo non basta. Occorre anche e soprattutto riformare il sistema, partendo dalle scale bonus-malus, ormai del tutto superate, passando a criteri che premino i comportamenti di guida di ciascun conducente.
A questo proposito va sottolineata con forza la necessità di semplificare il quadro delle regole, chiarendo anche i limiti e i criteri con i quali le compagnie possono utilizzare le informazioni sulla clientela in loro possesso.
Ciò con l’obiettivo di pervenire a un sistema normativo che consenta alle imprese di arricchire i dati sui propri clienti, al fine di rendere più puntuale la valutazione dei rischi oggetto di copertura.
Nell’attuale contesto, le regole – anche le più recenti – che impongono alle compagnie assicurative e, in generale, ai loro distributori di conoscere nel dettaglio il proprio cliente e i suoi bisogni, nonché quelle in materia di data protection, dovrebbero costituire l’architettura di base per una più coordinata disciplina, senza quei vincoli che spesso appaiono eccessivi.
Si tratta in definitiva di trovare un giusto equilibrio tra la riservatezza del cliente e l’uso delle informazioni utili a rendere un servizio a suo vantaggio.
In questo senso la trasparenza, la semplicità e la disponibilità delle informazioni giocano un ruolo fondamentale. Cito, ad esempio, le cosiddette polizze “dormienti”, per le quali l’industria è ancora in attesa di un provvedimento legislativo che l’autorizzi ad accedere alle banche dati anagrafiche, così da poter accertare la sussistenza dei diritti alla prestazione e risolvere finalmente alla radice questa problematica.
TUTELA DEL RISPARMIO DELLE FAMIGLIE
Un ulteriore tema su cui l’industria assicurativa svolge e rivendica un ruolo altrettanto rilevante è quello della gestione del risparmio.
Siamo un punto di riferimento per le famiglie in questo settore. Abbiamo progressivamente conquistato la loro fiducia proponendo soluzioni coerenti con i diversi profili di rischio, superando indenni le tante crisi finanziarie dell’ultimo decennio.
In venti anni le polizze vita sono salite dal 4% al 15,4% del portafoglio finanziario degli italiani.
Oggi questa forma di risparmio, preziosa per il Paese, si trova di fronte a sfide importanti.
Il perdurante scenario di bassi tassi di interesse e di elevata volatilità, impone la messa a punto di soluzioni diverse di prodotto e di gestione.
A tutto questo, grazie alla collaborazione con la nostra Autorità di Vigilanza, si è iniziato a metter mano. Bisogna proseguire con determinazione questo percorso, con l’obiettivo di una tutela sostanziale e anche di lungo termine dei nostri assicurati.
FINANZIAMENTO DI MEDIO/LUNGO TERMINE DELL’ECONOMIA
E veniamo agli investimenti degli assicuratori, che alla fine dello scorso anno ammontavano, come detto, a 850 miliardi di euro.
Larga parte del risparmio assicurativo ha sostenuto il debito pubblico, finanziando investimenti in titoli sovrani italiani anche, e soprattutto, negli anni più difficili. Detti titoli rappresentano oggi oltre il 15% dell’intero stock in circolazione. A questo proposito non possiamo non sottolineare il forte rischio che un sensibile allargamento dello spread comporta nel breve termine sui bilanci delle compagnie di assicurazione e che, nel caso di persistenza, inevitabilmente è destinato a riflettersi sui rendimenti corrisposti ai nostri 20 milioni di clienti.
Di tale circostanza si dovrà tener conto anche in sede normativa per ridurre i possibili effetti pregiudizievoli per i risparmiatori derivanti da un’applicazione sostanzialmente rigida delle regole contabili e prudenziali, che ad esempio costringono le imprese, anche in situazioni straordinarie e transitorie, a recepire perdite quando i titoli non sono effettivamente negoziati.
È indispensabile riuscire a rassicurare i mercati sulla sostenibilità del debito pubblico italiano nel medio e lungo termine, sostenibilità che deve essere garantita da un rafforzamento della crescita e da una accorta politica di bilancio. Solo in questo modo si potrà mantenere strutturalmente lo spread su livelli che rispecchino la forza economica attuale e potenziale dell’Italia, evitando di essere esposti a dannose fluttuazioni dei mercati.
Il sostegno alla crescita, che ancora mostra segnali di fragilità, è dunque assolutamente vitale.
L’industria assicurativa, grazie alla durata medio/lunga del risparmio che le viene affidato e per la necessaria diversificazione dei suoi asset, dà anche contributi importanti all’economia reale, finanziando imprese, opere infrastrutturali, nuove iniziative di private equity e start-up.
Gli investimenti in obbligazioni corporate sono pari a 138 miliardi di euro, mentre quelli in fondi di debito, azioni in società non collegate e in opere infrastrutturali hanno raggiunto 57 miliardi, ossia circa l’8% delle riserve. Se, ad esempio, questa quota salisse di soli due punti percentuali, si libererebbero 15 miliardi per ulteriori investimenti alternativi nell’economia reale del Paese.
A questo proposito sarebbe particolarmente utile permettere agli investitori istituzionali, quali le assicurazioni con le loro gestioni separate, di acquistare, con il beneficio fiscale per il cliente, PIR con una più elevata componente di illiquidità per il finanziamento delle imprese non quotate, delle infrastrutture.
Per quanto riguarda proprio le infrastrutture, ANIA, recependo le istanze dei suoi associati, sta realizzando un progetto di finanziamento di opere italiane. Sotto questo profilo, confidiamo di poterci confrontare con continuità con le Istituzioni per meglio orientarci verso progetti ad alto impatto strategico.
L’INDUSTRIA ASSICURATIVA E IL SUO NUOVO RUOLO PER IL PAESE
Per svolgere il suo ruolo di supporto al Paese, l’industria assicurativa è pronta a mettere a disposizione i propri asset e professionalità e a investire in innovazione.
L’assicurazione si sta infatti confrontando con i grandi cambiamenti in atto.
Primo tra tutti l’innovazione, che è in grado di ridisegnare velocemente la catena del valore e lo scenario di riferimento, come ad esempio la nuova mobilità (connettività, data analytics, IoT, data integration, robotica e automazione, blockchain, ecc.).
Quindi le nuove abitudini di consumo. Penso all’incalzante crescita del concetto di uso a scapito di quello di proprietà, piuttosto che alle aspettative sempre più pressanti di semplicità e velocità nella fruizione dei servizi da parte dei nostri clienti.
Stiamo facendo fronte a nuovi bisogni, creando nuovi mercati per coprire rischi emergenti.
Stiamo agendo in un diverso scenario competitivo caratterizzato dalla presenza di nuovi attori digitali che, con strutture di costo molto snelle, senza legacy e regolamentazioni specifiche, beneficiano di vantaggi competitivi, nonostante la limitata esperienza nel settore.
Alle nuove sfide, dunque, la nostra industria risponde innovando a tutto campo e facendo leva sul nuovo modo di fare assicurazione: non più solo rimborsi per i danni subiti, ma servizi integrati sui bisogni più importanti di protezione e risparmio.
Non più assicurazione malattia, ma tutela della salute, dalla prevenzione alla cura, all’assistenza, al benessere.