CASI MORTALI
Tra gennaio e marzo 2018, in base alle rilevazione dell’ INAIL sono state denunciate 22 morti sul lavoro in più rispetto ai primi tre mesi del 2017, da 190 a 212 (+11,6%). L’aumento è legato ai casi avvenuti in itinere, ovvero nel tragitto di andata e ritorno tra la casa e il posto di lavoro, che sono aumentati di 24 unità (da 43 a 67), mentre quelli occorsi in occasione di lavoro sono stati due in meno (da 147 a 145).
Nel primo trimestre del 2018 si è registrato un aumento di 23 casi mortali (da 170 a 193) nella gestione Industria e Servizi e di un caso (da 13 a 14) in Agricoltura, mentre nel comparto pubblico (Conto Stato) i decessi denunciati sono stati due in meno (da 7 a 5).
L’incremento rilevato è legato principalmente alla componente maschile, i cui casi mortali sono aumentati di 20 unità, da 160 a 180, mentre quella femminile ha fatto registrare un aumento di due casi, da 30 a 32 decessi.
Dall’analisi per classi d’età emerge come una morte su due abbia coinvolto lavoratori di età compresa tra i 50 e i 64 anni, per i quali si registra un incremento di 29 casi (+35%). In diminuzione, invece, le denunce per i lavoratori fino a 34 anni (da 32 a 25 casi) e per quelli tra i 45 e i 49 anni (da 26 a 17).
L’analisi territoriale evidenzia un incremento di 19 casi mortali nel Nord-Ovest, di 10 casi nel Nord-Est e di sette casi al Centro. Diminuzioni si riscontrano, invece, al Sud (-9 decessi) e nelle Isole (-5). Ovviamente questi dati, che sono disponibili nella sezione “Open data” del sito Inail, sono provvisori e soggetti sia all’effetto distorsivo di “punte occasionali”, che dei tempi di trattazione delle pratiche e di consolidamento degli archivi.
Pertanto, onde quantificare i casi accertati sarà necessario attendere la conclusione dell’iter amministrativo e sanitario relativo a ogni denuncia.
DENUNCE DI MALATTIA PROFESSIONALE
Dopo la diminuzione registrata nel corso di tutto il 2017, in controtendenza rispetto al costante aumento degli anni precedenti, nei primi tre mesi del 2018 le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail sono tornate ad aumentare.
L’incremento del 14,8% rilevato a gennaio, sceso al +10,3% nel primo bimestre, si è attestato al 31 marzo al +5,8%, pari a 877 casi in più rispetto allo stesso periodo del 2017 (da 15.247 a 16.124). L’aumento interessa tutti i comparti: nell’Industria e Servizi le denunce di malattia professionale sono aumentate del 4,3% (da 12.217 a 12.746), in Agricoltura del 10,6% (da 2.874 a 3.179) e nel Conto Stato del 27,6% (da 156 a 199).
L’analisi territoriale evidenzia un incremento delle tecnopatie denunciate al Sud (+515 casi), dove si concentra un quarto del totale dei casi protocollati dall’Istituto, al Centro (+270), dove i casi denunciati sono un terzo del totale, nel Nord-Ovest (+168) e nel Nord–Est (+10). Le Isole, in controtendenza, mostrano un calo di 86 casi.
In ottica di genere, si rilevano 670 casi in più per i lavoratori (da 11.165 a 11.835) e 207 in più per le lavoratrici (da 4.082 a 4.289).
Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, con quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, continuano a rappresentare le prime malattie professionali denunciate.
Secondo l’Oms L’Organizzazione mondiale della Sanità, l’ansia e l’angoscia sono tra le prime cause di disabilità al lavoro; questa stessa Organizzazione ormai da 14 anni, avverte che entro il 2020 i disturbi depressivi – che in tutto il mondo colpiscono ogni anno 350 milioni di persone – saranno la seconda causa di disabilità lavorativa dopo le malattie cardiovascolari.
L’età di comparsa dei sintomi si è pericolosamente allargate: all’inizio del duemila la fascia più colpita era quella tra i 20 e i 40 anni ora, invece, anche gli adolescenti e i cinquantenni soffrono di disturbi d’ansia e stati depressivi segnalati in ascesa da psicologi, psichiatri e psicoterapeuti.
Cresce il numero degli uomini che chiedono aiuto, anche se la depressione resta prevalentemente una patologia che colpisce più il versante femminile. Tre pazienti su quattro, infatti, sono donne, pari al 75% dei malati. E quelle più esposte risultano le donne con un carico familiare e lavorativo in genere maggiore.