Maurizio Landini è intervenuto alla “Lezione politica” che si è tenuto al Congresso FISAC CGIL, e che ha visto la partecipazione di Carlo Galli, dell’Università degli studi di Bologna e Mimmo Carrieri de La Sapienza di Roma
ALTRO CHE DE COUBERTIN: NOI GIOCHIAMO PER VINCERE
La politica crede ancora nel lavoro?
Per comprendere quale può essere il ruolo dei sindacati al tempo dei populismi e dei sovranismi occorre ripartire dalle radici. E’ venuto il momento – ha detto Maurizio Landini segretario confederale – di chiedersi non solo cosa vuol dire destra e sinistra ma soprattutto come si declina nella contemporaneità la questione del lavoro. La politica crede ancora in questa parola? In particolare quale sarà il ruolo della confederazione in un mondo che cambia a grande velocità.
La nostra organizzazione – ha commentato il leader sindacale gettando uno sguardo retrospettivo sulla storia del sindacato – non è mai stata “agnostica” rispetto agli obiettivi del socialismo, anzi è stata organica rispetto ai processi di trasformazione della società. C’è stato in particolare un rapporto costante con il PCI e il PSI. La CGIL ha trasmesso una cultura del fare a questi partiti e ha ricevuto una cultura politica che ne ha arricchito la nostra esperienza. Il punto chiave – ha continuato Landini – è stato dettato dall’idea del cambiamento sociale, una stella polare che oggi appare declinante. Bisogna perciò fare i conti con questa storia e questa cultura se oggi si vuole trovare un orientamento e un percorso di rilancio”.
Lavoro vuol dire identità, libertà di scelta, cittadinanza attiva, consapevolezza di essere nel mondo.
Se proviamo a parlare ai giovani alla parola lavoro assoceranno un sentimento di precarietà, che si lega alla condizione di paura e di insicurezza che segna la società di oggi. Insicurezza vuol dire solitudine, che si traduce nella sfiducia che porta all’isolamento, alla non volontà di unirsi agli altri per affrontare i problemi del presente. Il sindacato nasce per impedire che il solipsimo potesse prendere il sopravvento e schiacciare l’individuo. Operare per la difesa del lavoro stabile, diventa dunque nell’era dell’incertezza crescente un compito preciso, che impone uno sguardo attento sull’esistente. La confederalità e lo strumento dello sciopero intervengono in antitesi per combattere la tendenza all’isolamento di una società frammentata.
Essere un soggetto generale come la CGIL che ha una rappresentatività ampia, cercando una interlocuzione alta con la politica diventa oggi essenziale, pur nel rispetto delle varie anime della sinistra massimalista e riformista, che hanno segnato il 900.
La compresenza di più culture e la mancanza di un sindacato unitario
Ripartire dal lavoro vuol dire inoltre riconoscere la compresenza della funzione svolta dalla cultura cattolica e liberale. Non è irrilevante ricordare che dobbiamo a un politico di orientamento centrista e di estrazione cattolica come Amintore Fanfani l’inserimento della parola lavoro in Costituzione, e che nel 1970 si è arrivati all’approvazione dello statuto dei lavoratori grazie all’apporto delle forze di destra e di sinistra a dimostrazione della centralità di una questione riconosciuta come prioritaria da tutto l’arco costituzionale. Questo a dimostrazione del fatto che nella cultura politica di ieri la difesa dei diritti dei lavoratori ha rappresentato un principio indefettibile, di questo oggi si sente la mancanza.
Se non si è arrivati all’unità sindacale, probabilmente lo si deve a una timidezza della politica, che ha avuto paura di un soggetto che sarebbe stato capace, riunendo un mondo variegato, di contare veramente nelle scelte strategiche”.
Landini nel suo appassionato discorso non ha sottaciuto gli errori recenti della sinistra. “Renzi – ha detto – quando gli è stato chiesto cosa avesse fatto veramente di sinistra il suo governo, ha risposto: il jobs act. Si parla di un provvedimento Un provvedimento che di fatto tutela chi licenzia. Se questo è il significato di sinistra, meglio pensarci su..”
Altro aspetto cruciale preso in esame la mercificazione delle persone. “La gestione di flussi che ci porta a pagare la Libia per controllare gli ingressi è emblematica di un sistema di principi e di valori che sta crollando. La crisi parte da questo naufragio, che investe tutte le attività. Dal commercio, all’agricoltura, al manifatturiero, al settore tanto decantato dell’industria hi – tech sono state adottati processi di riorganizzazione che hanno frantumato la catena del valore generando una dispersione che ha un unico obiettivo: tante persone che fanno lo stesso lavoro non hanno più medesimi diritti. Dal punto di vista contrattuale questo è un vulnus molto grave, perché mette a rischio l’esistenza di una compagine confederale capace di interpretare i bisogni di tutti e di fare sintesi sulle soluzioni possibili. Se avanza lo scetticismo sugli obiettivi comuni si fa strada il corporativismo, per cui non nessuno tenderà a interessarsi del cammino di chi sta a fianco…”.
La mancanza di un sindacato europeo
Il processo politico risente della crisi culturale in atto. Non a caso le peggiori riforme del lavoro sono state approvate da partiti che fanno capo all’internazionale socialista. Su guardiamo all’esempio della Germania EST, emblematico sotto questo punto di vista, ci accorgiamo che non è stata fatta nessuna unificazione tedesca sul terreno dei salari e dei diritti. Questo fa comprendere, se ce ne fosse ancora bisogno, la gravità dell’assoluta mancanza di un sindacato europeo, a fronte del progressivo processo di riduzione della sindacalizzazione dei lavoratori che riguarda tutto il vecchio Continente.
“In Italia –ha proseguito Landini – rispetto all’Europa la media degli iscritti al sindacato è del sindacato è fortunatamente più alta, questo non vuol dire che non ci siano dei malesseri. Siamo infatti di fronte a un passaggio inedito, determinato dalla convinzione, manifestata da più parti che la funzione di trasformazione sociale si sia esaurita, insieme all’esperienza comunista, socialista, social democratica. Tutto questo si traduce nell’esaurimento di ogni spinta al cambiamento, cui si sta fatalmente sovrapponendo la crisi di quei partiti che avevano un unico ed esplicito riferimento sociale”.
L’atomizzazione sociale generatore di scetticismo
La contraddizione più forte riguarda proprio il mondo del lavoro, che non è mai apparso frantumato come in questa fase, frantumazione – ha detto con forza il leader della CGIL, che pone il problema della rappresentanza unitaria. Non bisogna, allora, stupirsi se l’atomizzazione forte della società diventi un generatore di scetticismo, allontanando milioni di elettori dall’impegno politico.
Focus sulla qualità del lavoro oltre le tutele
Facendo poi una disamina delle ultime elezioni, Landini ha commentato: “l’attuale compagine ha vinto con due parole d’ordine: prima gli italiani (slogan della Lega), cittadini contro la casta (M5S) messaggi disgreganti in cui non emerge quella centralità del lavoro e della dignità umana. Ad essere sacrificata è stata soprattutto la visione del bene comune. Rappresentare il lavoro non si risolve nella tutela in senso stretto, al di là della redistribuzione della ricchezza se si vuole superare la vecchia dicotomia sindacato/politica, occorre, infatti, guardare alla qualità del lavoro. Devono riemergere i bisogni delle persone, per questo è importante intervenire a monte sulle scelte aziendali, prima che sia troppo tardi. Allo stesso tempo occorre dare forza e sostegno a quei soggetti, e ce ne sono, che usano con razionalità e intelligenza la tecnologia per migliorare la qualità e i contenuti del lavoro.
Aboliamo la parola populista
Sul fronte delle proposte, Landini si è soffermato sula necessitò che si possa finalmente varare una legge sulla rappresentanza, che dovrà andare di pari passo con la ricostruzione di un’idea di trasformazione sociale che possa trovare il sindacato come primo attore, un sindacato coeso e pronto a far sentire le ragioni dei lavoratori. “Aboliamo il termine populista, perché tutti lo sonp stati da Renzi a Di Maio a Berlusconi, cerchiamo piuttosto di ricostruire una politica alta, fondata su idee, programmi e valori.
Un soggetto unito e plurale
E’ cambiato il contesto bisogna attrezzarsi, sono cambiate le ragioni politiche legate a una certa appartenenza partitica, deve farsi strada un sindacato pluralista, democratico. La discussione –ha concluso Landini – è aperta per definire un soggetto unito e plurale capace di tornare a svolgere un ruolo sociale. Su questo terreno il contributo della CGIL è essenziale”. “Unità non vuol dire uniformità, significa far vivere la differenza dentro un’idea, che ci consentirà di giocare un ruolo essenziale, interloquendo con il nuovo quadro politico che si determinerà all’indomani delle elezioni europee.
“Non è mancata in conclusione una stoccata diretta al Governo: “è preoccupante la cultura che sta dietro ai provvedimenti varati da questo esecutivo soprattutto in relazione all’amplificazione delle diseguaglianze e della precarietà. Come giudicare positivamente l’operato di un governo che disegna l’Italia come invasa dagli immigrati ignorando che il fenomeno più grave è l’emorragia continua di intelligenze che lasciano i nostri territori più poveri? Si pone dunque il problema di una politica economica forte, fondata su presupposti diversi. Quelle nazioni che alzano la voce, sono proprio quei soggetti che hanno favorito la delocalizzazione, non hanno le carte in regola per dettare il percorso dello sviluppo. In un mondo capovolto in cui Trump vara i dazi e i cinesi difendono la globalizzazione dobbiamo guardare alla nostra storia per ridare una visione e un progetto a un paese e a un’Europa smarrita. Non possiamo certo pensare di risolvere i problemi dal condomino di casa”.
Il bisogno di sindacato
“C’è bisogno di sindacato, perché tante sono le persone che stanno cercando lavoro, dignità, futuro. Ritrovare il terreno del dialogo vorrà dire anche arrestare la deriva di un sindacato corporativo di mercato, figlio di una cultura americana, lontano da noi, che non ci rappresenta, e che per di più rischia di trascinare tutti nel baratro”.