Milano Finanza intervista Giuliano Calcagni: Prestiti lenti? La difesa dei bancari

Il segretario del sindacato parla di «campagna d’odio» contro la categoria e teme che possa assumere «toni drammatici» Smart working ok, ma soltanto per la gestione dell’emergenza

I prestiti del decreto liquidità garantiti dallo Stato vanno a rilento, ma la colpa non è dei bancari che sono obbligati a rispettare le regole. L’erogazione di quei finanziamenti, comunque, va velocizzata». Lo dice il segretario generale della Fisac Cgil, Giuliano Calcagni parlando dei finanziamenti introdotti dal governo con paracadute pubblico. «Non accetteremo che la campagna di odio sociale contro la nostra categoria assuma toni più drammatici» aggiunge il leader della Fisac secondo il quale «lo smart working in banca ha consentito di gestire l’emergenza, ma non una modalità da assumere». E ancora: «Le banche saranno pronte a superare questa fase se saranno coraggiose nel mettersi a disposizione del Paese».

Domanda. I prestiti garantiti dallo Stato vengono erogati dal contagocce: qual è la situazione in banca?

Risposta. Le misure messe in campo evidenziano una attenzione alla tenuta degli equilibri sistemici del Paese che già prima dell’emergenza Covid-19 erano già stressati, tuttavia mi sembra ci sia stato un appesantimento normativo che ha determinato una farraginosità delle procedure. Mi sembra però di rilevare uno scollamento tra le dichiarazioni rese ai diversi livelli. È vero, i prestiti vengono erogati con tempistiche diverse da quelle dichiarate ai diversi livelli, politico e governativo. Questo perché la categoria che rappresentiamo ha una grande professionalità ed è chiaro a tutti che la concessione di credito seppur garantito necessita di valutazioni imposte dalle normative di settore. Non accetteremo che la campagna di odio sociale che sta montando contro le lavoratrici e i lavoratori del credito assuma toni più drammatici; abbiamo più volte interessato il Ministero dell’Interno rispetto a questo specifico aspetto. Occorre velocità nell’erogazione.

D. Qualcuno punta il dito contro i bancari. Colpa loro?

R. Abbiamo più volte sollecitato le aziende del credito a rispondere con efficacia e prontezza all’importante funzione loro riconosciuta dai provvedimenti governativa in materia economico–finanziaria. Non accettiamo e non accetteremo logiche semplicistiche che scaricano sulle nostre persone responsabilità ed inefficienze a loro non imputabili, tra l’altro è di evidenza solare l’impatto che l’aumento degli npl hanno e hanno avuto sul sistema Giuliano Calcagni finanziario anche in termini occupazionali. Non accetteremo che la velocità che si chiede al sistema sia pagata dalle persone che rappresentiamo al prezzo di istruttorie sommarie o non rispondenti alle normative che tutte le bancarie e i bancari hanno l’obbligo di osservare.

D. Circa mille bancari sono stati contagiati, con qualche vittima. Ora lavorano tutti in tranquillità?

R. Ci siamo trovati a dover fronteggiare una situazione inedita che ha stravolto le nostre vite, nel lavoro, nelle relazioni sociali e anche nella percezione del nostro stato di sicurezza. Devo però riconoscere che le bancarie e i bancari e tutto il sindacato unitario hanno svolto un grande lavoro dimostrando grande attenzione rispetto al tema centrale di questa vicenda che è il diritto alla salute e penso che sia proprio da qui che bisogna ripartire, dalla giusta contestualizzazione nel sistema dei diritti costituzionalmente garantiti. L’emergenza è piombata sul Paese all’improvviso, come servizio pubblico essenziale di fatto non abbiamo mai subito interruzioni dell’attività produttiva, e per questo sin da subito si è dato avvio con Abi ad un percorso negoziale, unitario teso a garantire le condizioni di tutela massime a partire dal sottoscrizione del primo protocollo di settore del 15 marzo e del successivo protocollo del 28 aprile, che lo sostituisce, e che anche alla luce della prescrizione dell’ultimo dpcm del 24 aprile, stabilisce la possibilità di interrompere l’attività produttiva in mancanza di condizioni di salute e sicurezza. Per noi, come Fisac Cgil unitamente alle altre organizzazioni di settore, Fabi, First Cisl, Uilca e Unisin, la bussola è stata sempre garantire che il lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto del credito potesse essere svolto in sicurezza, anche al netto delle difficoltà che, anche a livello nazionale, abbiamo scontato circa le difficoltà di approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale. Importante ritengo sia aver conquistato il contingentamento degli accessi alle filiali tramite modalità su appuntamento, e aver utilizzato lo strumento dello smart working per incentivare il distanziamento sociale minimizzando la mobilità sul territorio.

D. Lo smart working ha funzionato?

R. Ha agevolato la gestione dell’emergenza, ma per noi è una misura emergenziale non una modalità da assumere; il Ccnl norma sia il lavoro agile previsto in un numero massimo di 10 giornate sia il diritto alla disconnessione e deve continuare a rappresentare uno strumento di garanzia rispetto alla tenuta di un settore che, tanto più oggi, attraversa una fase delicata.

D. In queste settimane tanti hanno riscoperto l’importanza della presenza sul territorio degli istituti. Quale sarà il futuro delle agenzie?

R. Questa emergenza ha reso evidente l’importante ruolo delle agenzie bancarie sul territorio, come elementi di riferimento territoriale e sociale per la clientela. Ecco, suggerirei ai manager della pianificazione commerciale che scrivono i piani industriali delle banche di ripensare il concetto che la marginalità o il profitto possono trarsi dal taglio delle agenzie, piuttosto investissero in formazione e qualificazione professionale affinché le agenzie bancarie diventino un presidio di legalità e di consulenza amministrativa finanziaria e creditizia. Il ruolo delle agenzie resta e resterà fondamentale anche nel post emergenza. Al di là dell’apporto che la tecnologia può riverberare positivamente sulle procedure attualmente in essere, ritengo però rispetto al post emergenza, essenziale lavorare sulla costruzione di una nuova normalità, su un modello fondato su nuovi patti, sulla qualità dei diritti, in cui si torni ad investire e a dare il giusto valore all’avanzamento sociale che la ricerca scientifica è in grado di apportare al Paese, in cui tutte e tutti riacquistiamo chiaro e nitido il senso e il valore dei diritti sociali e delle libertà fondamentali.

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