Donna, madre, compagna, moglie, figlia, lavoratrice.
Aggettivi che non qualificano semplicemente un ruolo, ma che rappresentano ancora oggi un deterrente nell’ambito lavorativo in tema di crescita professionale, inquadramenti, retribuzione.
Nonostante Capogruppo continui a sottolineare l’impegno per la piena e paritaria valorizzazione di colleghi e colleghe, la realtà dei fatti è ben altra.
A parità di tutele normative, infatti, permangono notevoli differenze tra uomini e donne a livello di prospettive di carriera, di qualificazione professionale, di formazione imprenditoriale, di parità di retribuzione, di accesso ai ruoli rappresentativi e apicali.
L’atteggiamento maschilista di capi e capetti nei confronti delle lavoratrici regna sovrano. Sarà un caso che su tanti Dirigenti della Divisione solamente il 10% siano donne?
E c’è ancora chi si permette di definire “gineceo” l’ambiente lavorativo se composto in maggioranza da donne, chi fa battute sessiste, chi considera il ricorso al part-time e ai permessi della legge 104 (fruiti entrambi in prevalenza dalle donne) come causa aprioristica di rendimento inferiore, chi non si limita a valutare i meriti e l’impegno profuso nello svolgere il proprio lavoro, ma antepone la condizione di donna e/o madre alle proprie considerazioni.
Considerazioni che hanno un peso e incidono qualitativamente e quantitativamente sulla condizione lavorativa e retributiva.
Parliamo di premi, di percorsi professionali, di inquadramenti mediamente più bassi per le donne rispetto ai colleghi uomini, a parità di carichi di lavoro e anzianità di servizio.
Con poche, rare eccezioni, non di rado legate a rapporti “sentimentali” più che professionali.
Valorizzare la propria compagna è sessismo, va valorizzata se meritevole lei e le altre meritevoli, deve comandare il merito oggettivo e riconosciuto, senza favoritismi e senza discriminazioni.
Parliamo di valutazioni in cui l’esordio è “nonostante sia una mamma” come se questo possa rappresentare un limite allo svolgimento delle proprie mansioni, quando di fatto si traduce poi in un maggior impegno, una maggiore capacità organizzativa, un maggior senso di responsabilità.
Parliamo di sistemi incentivanti che premiamo il capetto o il manager di turno se reclutano o promuovono donne, come a dire se “sopporti” di supervisionare e coordinare donne, a fine anno ti riconosco un bonus.
Parliamo di discriminazione di genere.
Anche se nel corso degli anni la condizione femminile nel mondo del lavoro ha subito un’evoluzione positiva, la frase che troppo spesso sentiamo ripeterci “è già stato fatto tanto rispetto a 20 anni fa” non può e non deve diventare la scusa per non fare ancora.
Inevitabilmente il pensiero va alle parole di Corcos nel corso della presentazione del progetto “Value & Purpose”: “realizzare un’Azienda intensamente umana, libera dal risentimento e dalla frustrazione, dove ci sentiamo valorizzati come talenti e le nostre vocazioni sono onorate”.
Se i valori alla base del progetto sono coraggio, crescita, fiducia, inclusione, unione, tali valori possono avere un peso e un senso solo se realmente condivisi da tutti i lavoratori e le lavoratrici che troppo spesso non vengono valorizzate e sono discriminate per il loro sesso o per questa macchia nella loro carriera chiamata maternità.
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Anche quest’anno il movimento “Non Una di Meno” ha fatto appello per la mobilitazione contro tutte le violenze e tutte le discriminazioni, occasione per restituire all’ 8marzo il suo significato originario: non quello di festa, ma di lotta per la libertà.
Anche noi ci mobiliteremo.
24 febbraio 2022
Fisac Cgil Divisione Private