Ragionare su un radicale cambio di paradigma, alimentato dalle decisioni in Europa e sostenute da questo governo, che ci porta verso un’economia di guerra. Allo stesso tempo spingere sempre di più perché i fondi pensione del settore continuino e incrementino gli investimenti in chiave sostenibile ed evitare che i rendimenti del comparto ‘militarista’ drenino le risorse allocate dai risparmiatori. Sono in estrema sintesi i due temi al centro dell’iniziativa promossa dalla Fisac Cgil a Roma dal titolo ‘Fondiamo un futuro di Pace – Finanza, Previdenza Complementare e Sostenibilità nello scenario globale’. Iniziativa che ha registrato gli interventi dei dirigenti sindacali: i segretari nazionali della Fisac Cgil, Chiara Canton e Giacomo Sturniolo, la segretaria generale, Susy Esposito, e il segretario confederale nazionale, Christian Ferrari; insieme a rappresentanti dei fondi previdenziali del credito, esponenti del mondo politico, accademico e dell’associazionismo.
Dopo aver passato in rassegna le tappe che ci stanno conducendo verso un’economia di guerra, la segretaria nazionale della Fisac Cgil, Chiara Canton, nel corso della relazione introduttiva, ha indicato la necessità di promuovere una finanza etica e sostenibile: “Dobbiamo sostenere e valorizzare – ha detto in apertura del convegno – chi orienta il credito e gli investimenti verso la transizione ecologica, la sicurezza sociale, la salute, l’innovazione, la ricerca e la coesione. Una finanza che non accumuli i valori in sé, ma li redistribuisca, che sostenga il lavoro e le dignità delle persone. È dimostrato che gli investimenti in ESG creano rendimento e valori importanti nel medio e nel lungo periodo”.
Per queste ragioni Canton ha proposto: “La tracciabilità e la trasparenza degli investimenti. I lavoratori e le lavoratrici devono poter conoscere come vengono utilizzati i loro risparmi, la loro previdenza, i fondi che costruiscono il loro futuro. È necessario garantire strumenti di informazione chiari e verificabili per poter scegliere consapevolmente di non finanziare la produzione di armi a partire dai Fondi Pensione del nostro settore”. Così come, ha aggiunto, “vogliamo proporre alle aziende del nostro settore prodotti o linee di investimento che siano super ESG, ovvero rafforzati in modo da escludere totalmente il settore degli armamenti, visto che adesso è diventato ‘sostenibile’, e non solo quello delle armi cosiddette controverse”.
Una proposta per un impegno concreto: “Fondiamo un futuro di pace non è solo il titolo di questa iniziativa. È una sfida collettiva, una responsabilità che riguarda tutti: sindacato, politica, istituzioni, imprese e cittadini. È una sfida che ovviamente chiama in causa anche la finanza, che può e deve essere un potente strumento di cambiamento, a favore dell’economia reale e non della speculazione, a favore di un’economia di pace e non di guerra”.
Nel corso della prima tavola rotonda, dal titolo “Fondi Pensione e Sostenibilità” è stata nel dettaglio ricostruita la composizione dei fondi previdenziali dei singoli rappresentanti al tavolo, sottolineando la necessità di rilanciare il tema della sostenibilità e di una maggiore consapevolezza da parte degli aderenti attraverso una comunicazione più semplice e puntuale. In chiusura il segretario nazionale della Fisac Cgil, Giacomo Sturniolo, ha affermato: “Il nostro lavoro come sindacato è quello di spingere sempre di più perché i fondi previdenziali investano nei criteri ESG, escludendo anche il finanziamento all’industria delle armi”, riprendendo la proposta di criteri super Esg.
“Anche sul fronte della comunicazione, delle informazioni, – ha aggiunto – c’è bisogno di rendere gli aderenti ai fondi maggiormente consapevoli. È un lavoro che devono fare i fondi, ma è anche un tema sul quale il sindacato deve impegnarsi, a tutti i livelli. Sul piano nazionale abbiamo istituito un dipartimento specifico. Lavoreremo alla costituzione di un coordinamento fra gli amministratori di fondi della Fisac Cgil per un migliore scambio di informazioni e per l’adozione di linee di azione comuni. Dobbiamo lavorare perché riteniamo necessario un futuro di pace che non può che essere un futuro disarmato. Iniziamo dal nostro quotidiano, coltivando la possibilità di non finanziare il riarmo ma il disarmo”.
La presidente di Uni Finance, Anna Maria Romano, nel corso della seconda e ultima tavola rotonda, ha affermato: “In Europa si sta consolidando una ‘economia della paura’, che nel tentativo di proteggere mercati e bilanci alimenta invece insicurezza sociale e sfiducia collettiva. Tale meccanismo sostiene un capitalismo predatorio, interessato solo al profitto, senza considerare gli effetti sociali”. Dal punto di vista sindacale, Romano ha richiamato “la difficoltà di costruire una posizione comune in Europa: differenze culturali e geografiche dividono le organizzazioni dei lavoratori, con alcuni paesi del Nord che, in nome della sicurezza, sostengono il riarmo, mentre altri, come Italia, Francia e Belgio, difendono posizioni più pacifiste e solidali”. La Fisac Cgil, ha spiegato Romano, “è impegnata in una battaglia per la trasparenza e la sostenibilità reale della finanza, partecipando attivamente nei gruppi europei e internazionali che definiscono i criteri ESG e la tassonomia della finanza sostenibile. Il sindacato agisce in advocacy, non come lobby: promuove decisioni orientate al bene collettivo e non a interessi di parte”.
È stata la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, a fornire la traccia della discussione dell’ultima tavola rotonda, alla presenza di esponenti politici di opposizione, affermando: “Oggi l’Europa sembra abbandonare i suoi valori, le ragioni in contrasto con la guerra per cui è nata e si è sviluppata, cancella il suo modello sociale e di sviluppo, e vira per alimentare un processo di economia di guerra: il militarsimo come nuovo orizzonte”. Se questo è il quadro europeo, “in Italia, lo abbiamo letto, lo abbiamo sentito, ci siamo impegnati ad incrementare le spese in armamenti, fino al 5% del Prodotto interno lordo, che tradotto vuol dire 120 miliardi di euro; mentre – perché sia chiaro quanto questo voglia dire – ne spendiamo ora 140 di miliardi, ovvero il 6% del Pil, per finanziare il Fondo sanitario nazionale”.
Per queste ragioni, ha aggiunto la segretaria generale della Fisac Cgil, “riteniamo sempre più urgente la necessità di sviluppare una vera politica industriale che includa anche il settore finanziario ed è necessario che lo Stato torni a essere soggetto di regolazione e coordinamento”. Nel merito, ha precisato Esposito, “noi riteniamo che questa battaglia del risparmio non debba ridursi ad alimentare la bolla finanziaria, remunerativa in ragione di una certa narrazione militarista, generata dalla spesa pubblica diretta al settore degli armamenti”.
La richiesta è che si imbocchi una direzione diversa, opposta. “Vogliamo che la politica – ha osservato Esposito -, in Italia come in Europa, indichi una direzione che metta al centro il lavoro, le persone, che affronti le grandi sfide che abbiamo davanti: il tema della cura, delle migrazioni, delle trasformazioni tecnologiche, delle profonde diseguaglianze, del cambiamento produttivo in termini di sostenibilità (economica, sociale e ambientale). Ed è qui che entra il tema del risparmio, che da una parte andrebbe indirizzato da una visione politica legata a un futuro di Pace e non di guerra, e dall’altra si dovrebbe provare a ritrovare quello spirito costituzionale che permetta al Paese intero di mettersi in marcia per il futuro, sempre un futuro di pace”, ha concluso Esposito.
Infine, nelle conclusioni, il segretario confederale della Cgil Nazionale, Christian Ferrari, ripercorrendo il giudizio sulla legge di Bilancio dato in audizione, ha affermato: “La manovra va cambiata, perché è palesemente inadeguata, ingiusta e controproducente. Il miglioramento del quadro di finanza pubblica lo stanno pagando i lavoratori dipendenti e i pensionati che hanno vissuto un brutale impoverimento a causa dell’inflazione. Le perdite cumulate che, a causa del drenaggio, hanno subito i salari nell’ultimo triennio sono ben superiori ai vantaggi ottenuti con gli interventi realizzati sull’Irpef, sulla decontribuzione e sulla sua successiva fiscalizzazione. C’è poi un definanziamento della spesa per la sanità, sotto il 6% del Pil, il livello più basso di sempre, che vogliamo contrastare attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare sulla quale stiamo lavorando”.
Inoltre, ha ribadito, “è necessaria la restituzione del fiscal drag e la sua neutralizzazione, attraverso l’indicizzazione all’inflazione di scaglioni, detrazioni, trattamento integrativo, Isee ed esenzioni, come avviene non in Unione sovietica, ma negli Stati Uniti di Trump”. Le risorse ci sono e vanno prese dove sono: “Bisogna andare a prendere i soldi dove sono – ha detto il segretario confederale della Cgil – (profitti, extra-profitti, grandi ricchezze, evasione fiscale), anche chiedendo un contributo di solidarietà all’1% della popolazione più ricca, per finanziare politiche a beneficio del restante 99%. Bisogna poi rinunciare ad un’insostenibile corsa al riarmo che punta a convertire la nostra e quella europea in un’economia di guerra, e che sottrarrà una ingentissima mole di risorse (quasi 1.000 miliardi di euro per l’Italia, se si vuole davvero raggiungere il 5% del Pil entro il 2035) alle vere priorità economiche e sociali del Paese. Dobbiamo, in definitiva, liberarci dalla trappola del combinato disposto ‘austerità e riarmo’. Un binomio che sintetizza perfettamente la manovra di bilancio in discussione e, temo, anche quelle a venire”, ha concluso Ferrari.
Scarica l’intervento di Susy Esposito
Scarica la relazione Chiara Canton
Il contributo di video di Francesco Vignarca
Coordinatore Campagne della Rete italiana Pace e Disarmo
Il contributo video di Alessandro Volpi
Professore di Storia Contemporanea all’Università di Pisa
Le slides presentate da Alessandro Asmundo
Senior Policy Officer Forum per la Finanza Sostenibile
Locandina e programma
