Rispetto al perdurare della crisi economica, quale è la situazione dei vostri settori dal punto di vista dei lavoratori?
Gli effetti della crisi economica generale si fanno sentire in maniera preoccupante anche nei nostri settori. Nel settore assicurativo a livello nazionale assistiamo a fusioni di grandi gruppi assicurativi e problemi per quanto riguarda l’applicazione del contratto nazionale, mentre nella nostra provincia si registrano contrazioni del portafoglio delle agenzie con conseguente ricorso a cassa integrazione e diminuzioni di personale.
L’attività e l’organico della Banca d’Italia sono stati notevolmente ridimensionati, così come le agenzie esattoriali. Per quanto riguarda le Banche di Credito Cooperativo, che per la loro peculiarità di forte radicamento al territorio, per adesso risentono della crisi in modo minore e hanno continuato a fare alcune assunzioni, vengono seguiti con attenzione i problemi del rinnovo del Contratto Nazionale e gli effetti delle recenti fusioni che hanno interessato la nostra provincia. Per quanto riguarda il settore Abi preoccupa la dichiarazione di 30.000 esuberi che la riforma pensionistica della Fornero rende difficile gestire. Il Contratto Nazionale, firmato solo un anno fa su cui i lavoratori della provincia avevano espresso forti perplessità, viene sempre più spesso disatteso dalle controparti soprattutto per quanto riguarda le norme per la cosiddetta “buona occupazione”. Tutti i piani industriali delle grandi banche prevedono riduzioni consistenti dei costi in gran parte da far ricadere sul personale, approfittando della crisi economica, per smantellare i diritti dei lavoratori conquistati negli ultimi 30 anni.
A Siena la più grande azienda è la Banca Monte dei Paschi, che, oltre ai problemi generali, sembra interessata da una crisi propria. Quale è il vostro punto di vista?
La Banca Monte dei Paschi sta vivendo un momento particolarmente difficile anche a causa di operazioni che si sono rivelate poi “poco redditizie” fatte in concomitanza con l’esplodere della crisi economica del nostro paese. Le successive scelte politiche, che hanno portato ad una progressiva riduzione della proprietà della BMPS in mano alla Fondazione e alla nomina dei nuovi vertici aziendali, tutti per la prima volta esterni alla banca e a cui la Fondazione ha delegato tutti i poteri, hanno contribuito a rendere più difficile e preoccupante la situazione.
Dopo la presentazione del Piano Industriale e la disdetta del contratto aziendale, al Monte dei Paschi è in corso una difficile trattativa fra sindacato e azienda. Come vi ponete?
Come ho detto prima, quando nel settore si parla di riduzione dei costi aziendali si parla prevalentemente dei costi del personale e il Monte dei Paschi non fa eccezione. La disdetta del Contratto Integrativo Aziendale e l’attuazione di un piano industriale basato principalmente sull’esternalizzazione del bak-office sono le uniche strategie che il nuovo management è riuscito a mettere in campo , aggravate dall’atteggiamento arrogante e ricattatorio dell’azienda che respinge ogni tentativo di trattativa e di proposta sindacale, dimostrando chiaramente che il progetto non è industriale ma politico e l’obiettivo principale non è il futuro della Banca ma lo smantellamento dei diritti dei lavoratori. La grande adesione allo sciopero del Consorzio Operativo di Gruppo di venerdì scorso è la dimostrazione che i dipendenti hanno ben chiari questi obiettivi e non sono disponibili a sottostare a questo ricatto .
Si è sempre detto che la diversità della BMPS derivava da una proprietà pubblica. Tramite la Fondazione il maggior azionista era il Comune. Sembra che oggi non possa più essere così. Il Comune è commissariato. Si andrà alle elezioni locali. Avete richieste da fare alla politica senese?
La nostra richiesta è quella di preoccuparsi del destino dei lavoratori, che rischiano di perdere diritti, salario e dignità, e di dire no alle esternalizzazioni, primo passo verso i licenziamenti. La ricerca di redditività della banca non può prescindere dalla salvaguardia dei diritti e dei posti di lavoro. In questo senso non ci convincono le dichiarazioni elettorali di chi ha appoggiato le nomine del Presidente e dell’Amministratore Delegato e ha plaudito a questo piano industriale scellerato. I lavoratori, la banca e la città hanno bisogno di azioni concrete e non di parole.