Mito e realtà della rivoluzione digitale – I processi di ristrutturazione nelle banche europee sono ormai sotto gli occhi del lavoratore bancario nella sua quotidianità lavorativa: le “filiali new concept”, basate sulla consulenza commerciale, lo smantellamento della scrivania mediante forme di smart working, le offerte fuori sede, le filiali on line e le chiusure dei tradizionali sportelli di cassa rendono i nuovi processi di automazione e la cosiddetta “rivoluzione digitale” un fenomeno dirompente, creando incertezza e disorientamento.
Viene così alimentato e strumentalizzato il dilemma tra automazione e occupazione, con l’obiettivo di volere i lavoratori rassegnati agli effetti di queste “nuove modernità”. Secondo l’ultimo World Economic Forum di Davos la riduzione dei posti di lavoro arriverà anche in servizi come il settore del credito. Secondo altri la rivoluzione industria 4.0, determinata dal connubio A.I. e IcT, porterà invece alla crescita di nuovi posti di lavoro, dando opportunità per tutti, ma a determinate condizioni, con forti investimenti sulla formazione e la disponibilità a una crescente mobilità territoriale e professionale. Ma tutto questo veramente non ha paragoni con il passato e gli effetti per i lavoratori sono inevitabili?
Profitti per loro e incertezza per noi – Non è di sicuro un dibattito nuovo quello sul macchinismo e le conseguenze per gli uomini. Dall’inizio della rivoluzione industriale le forme dei processi di produzione si sono succedute in maniera incessante, finalizzate alla massimizzazione dei profitti nelle mani di pochi. Ed è la lotta e lo scontro tra i gruppi economici, oggi di stazza continentale, che spinge alla ristrutturazione, ovvero ad aumentare la componente “macchina”, riducendo il “fattore umano”. Masse di capitali e masse di lavoratori sono gettate incessantemente da un settore di lavoro a un altro. Valeva nell’Ottocento, vale ancora più oggi. Se nei paesi sviluppati non si rischia più la fame, l’incertezza per il futuro diventa però un tarlo ineliminabile.
Oggi l’invecchiamento della popolazione nei paesi avanzati, che si intreccia con i fenomeni migratori dei giovani provenienti dai paesi emergenti, l’irruzione asiatica nell’arena mondiale, il contraddittorio ma inaggirabile processo di unificazione europea e il declino relativo americano, sovvertono precedenti equilibri e “consolidate certezze”, favorendo paure e ansie alimentate da una casta politica e giornalistica alla ricerca di un pugno di voti in più alla prossima tornata elettorale o di uno straccio di audience.
Dobbiamo quindi arrenderci ai mestatori di paure e incertezze che gonfiano le pagine dei giornali e i rotocalchi televisivi? Davanti alla prospettata “spada di Damocle” della precarietà e della disoccupazione si può solamente chinare la testa e accettare di arretrare le nostre condizioni di vita e di lavoro?
Il nostro vero compito di lavoratori bancari – Oggi i piani di Quantitative easing hanno prodotto per le banche mondiali qualcosa come 10.000 miliardi di liquidità. Bankitalia, all’inaugurazione del Fintech District di Milano, ha posto l’esigenza di riportare la redditività delle banche italiane a livelli soddisfacenti. Come? «Con il ricorso alla tecnologia si potranno ridurre i costi e migliorare i servizi; al contempo la tecnologia abbatte le barriere e comprime i margini. Le banche dovranno in ogni caso fare investimenti in tecnologia: non tutte sopravvivranno».
In questa lotta per la ricerca di nuovi spazi di mercato e nuovi profitti vogliono farci credere non ci sia spazio per i lavoratori, visti solo come costi da ridurre e “risorse da spremere”. Ma la storia insegna, non è la prima ristrutturazione che stiamo vivendo e non sarà l’ultima. Di fronte a queste campagne mistificatorie i lavoratori hanno altre volte saputo rispondere sviluppando la coalizione sindacale, lottando per la riduzione dell’orario di lavoro, per una maggiore formazione e difendendo i contratti collettivi. Significa ragionare in termini di sindacato europeo, e opporre resistenza per far sì che gli incrementi di produttività non vadano solo a vantaggio dei profitti.
Ci vogliono isolati e divisi, noi dobbiamo invece unirci: è il nostro compito pratico all’ordine del giorno.
Segreteria Organo Coordinamento Fisac-Cgil Gruppo bancario Credito Valtellinese