
Prima degli ultimi due mesi di gravidanza non esiste alcun obbligo di comunicare all’azienda il proprio stato di maternità. Tuttavia, come è ovvio, i diritti connessi allo stato di gravidanza sono fruibili solo previa formale comunicazione al datore di lavoro.
2.1 Comunicazione all’azienda
La comunicazione consiste in un certificato medico, redatto dal medico specialista, in cui viene specificato il mese di gestazione e la data presunta del parto. È a tali date infatti che si farà riferimento per tutte le disposizioni di legge e contrattuali. 1
1 D.Lgs. n. 151 del 26/3/01, art. 21.
2.2 Inamovibilità
Per le lavoratrici, alle quali è applicato il CCNL ABI è garantito il diritto all’inamovibilità dalla Filiale o Direzione Centrale di assegnazione, dal momento della comunicazione dello stato di gravidanza e fino all’ultimo giorno di servizio, prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità. 2
2 Protocollo Occupazione e Produttività del 19 ottobre 2012.
2.3 Mansioni gravose
La lavoratrice in stato di gravidanza può chiedere, con certificazione medica idonea, di essere adibita ad altre mansioni con le modalità e nei casi sottoelencati :
- per mansioni di particolare gravosità o che comportano una posizione c.d. ortostatica (lo stare ferma in piedi);
- per l’utilizzo in via esclusiva del VDT (videoterminale);
- per mansioni comportanti una protratta postura da seduta;
2.4 Permessi per visite mediche e controlli prenatali
La lavoratrice in stato di gravidanza può fruire di permessi retribuiti per esami prenatali, accertamenti clinici e visite mediche specialistiche.3
Il permesso è della durata della visita e deve tener conto dei tempi necessari di viaggio.
3 D.Lgs. n. 151 del 26/3/01, art. 14.
2.5 Corso di preparazione al parto
Le lavoratrici hanno diritto a permessi retribuiti per partecipare al corso di preparazione al parto presso strutture pubbliche o convenzionate. Ovviamente la partecipazione va comprovata con certificazione rilasciata dalla struttura in questione.
2.6 Interruzione di gravidanza
Prima del 180° giorno dall’inizio della gestazione l’evento si considera aborto e perciò malattia determinata da gravidanza, non computabile ai fini del periodo di comporto.
Dopo il 180° giorno (compreso) l’evento è considerato parto a tutti gli effetti; pertanto, la lavoratrice usufruisce del congedo di maternità. Per il calcolo occorre procedere in questo modo: si contano 300 giorni a ritroso dalla data presunta del parto e alla data così ottenuta si aggiungono 180 giorni.
Si tratta di presunzioni di legge stabilite a vantaggio della lavoratrice; perciò, quando il neonato partorito prima del 180° giorno è vivo e vitale è ovvio che malgrado la presunzione di legge l’evento andrà considerato parto con tutte le prerogative connesse.
Nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza successiva al 180° giorno dall’inizio della gestazione, nonché in caso di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa, con un preavviso di 10 giorni al datore di lavoro, a condizione che il medico specialista del Sistema Sanitario Nazionale o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro, attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla loro salute.
2.7 Certificato comprovante parto/aborto
Per usufruire dei diritti connessi al parto, la lavoratrice deve produrre entro 30 giorni dall’evento il certificato di assistenza al parto da cui risulti la data dell’evento 4.
In caso di aborto spontaneo va prodotto, entro 30 giorni, il certificato medico in cui si attesta il periodo di gestazione in cui la lavoratrice si trovava.
In caso di IVG (interruzione volontaria della gravidanza), la lavoratrice ovviamente non è tenuta a tale obbligo e le certificazioni fornite per giustificare l’assenza sono quelle ordinariamente inviate in caso di malattia.
4 D.Lgs. n. 151 del 26/3/01, art.21.
2.8 Maternità con complicazioni patologiche (c.d. maternità a rischio)
Il servizio sanitario locale (Asl) dovrà provvedere, in via esclusiva, alla procedura di interdizione anticipata dal lavoro per gravi complicanze della gravidanza o persistenti forme morbose, compreso l’adozione del provvedimento finale di astensione.
In caso di interdizione per gravi complicazioni della gestazione o per l’aggravamento in gravidanza di patologie preesistenti, la lavoratrice deve presentare la domanda all’Azienda Sanitaria Locale competente (con riferimento al luogo di residenza), unitamente al certificato medico. La domanda si intende accolta dalla Asl decorsi 7 giorni dalla sua presentazione. La data di inizio dell’astensione al lavoro coincide con il primo giorno di assenza dal posto di lavoro giustificato dal certificato medico rilasciato alla lavoratrice.
Nell’astensione dal lavoro, la lavoratrice sarà retribuita all’80% da Inps, con integrazione al 100% nel caso le sia applicato il contratto ABI, ANAGINA, ANAPA, ANIA, BCC, EQUITALIA. e non avrà alcuna limitazione di reperibilità.
In caso di interdizione per condizioni di lavoro o ambientali pregiudizievoli, qualora non sia possibile adibire la lavoratrice ad altre mansioni, l’Azienda presenta domanda alla Direzione Territoriale del Lavoro. La domanda, previo effettivo accertamento dell’impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni, deve essere accolta dalla Direzione Territoriale del Lavoro entro 7 giorni dalla sua presentazione. La data di inizio dell’astensione al lavoro coincide con la data di rilascio del provvedimento portato a conoscenza del datore di lavoro.
In caso di interdizione per gravi complicazioni della gestazione o per l’aggravamento in gravidanza di patologie preesistenti, la lavoratrice deve:
- informare l’azienda;
- inviare la richiesta di 11Congedo anticipato di maternità per interdizione dal lavoro, allegando la documentazione presentata all’ASL;
- conservare la documentazione originale per 10 anni.
2.9 Procreazione Medicalmente Assistita (c.d. Fecondazione artificiale)
La legge non prevede permessi specifici per la Procreazione Medicalmente Assistita. Tuttavia, L’INPS, ai sensi della circolare 7412 del 4 marzo 2005, assimila la procedura di Procreazione Assistita ad una malattia e di conseguenza concede la donna che ha intrapreso questo percorso di beneficiare dell’assenza retribuita dal lavoro.
Concretamente si ha diritto a 3 settimane di malattia retribuita (nello specifico 21 giorni):
- 1 settimana prima del transfer (trasferimento dell’embrione nell’utero) e
- 2 settimane dopo il
Sono considerati malattia anche i giorni di ricovero in day hospital.
Per avvalersi delle giornate di assenza retribuita si deve richiedere l’astensione da lavoro motivata da fecondazione assistita come cura dell’infertilità.
La procedura è la seguente:
- Per i giorni di assenza pre-ricovero ci si deve rivolgere al medico di medicina generale, che rilascerà il certificato di malattia con diagnosi 11cure per fertilità e fecondazione assistita secondo circolare lnps 7412, 4 marzo 2005″. Questo certificato verrà inviato direttamente per via telematica all’INPS e verrà rilasciata alla paziente una copia per il datore di Mentre per l’INPS il certificato deve contenere sia la diagnosi sia la prognosi, al datore di lavoro servirà solo il certificato con la prognosi (quindi i giorni di assenza).
- Per i ricoveri in day hospital (pick up e transfer) occorre inviare all’INPS e all’Azienda il certificato di ricovero rilasciato dalla clinica: si tratta di un certificato rilasciato in 3 copie (per la paziente, per il datore di lavoro e per l’INPS}.
- Per le giornate successive alle dimissioni (massimo 2 settimane) occorre richiedere il certificato del proprio medico curante, secondo le procedure e modalità dei giorni di assenza pre-ricovero.
Nel caso in cui il trattamento di fecondazione assistita avvenga all’estero, oltre al certificato rilasciato dalla Clinica, occorre comunicare all’INPS l’indirizzo del luogo in cui si è domiciliati (ad esempio l’hotel in cui si alloggia) e, una volta rientrati in Italia, il proprio indirizzo. Questo serve per la visita fiscale. Se si sceglie di fare la procreazione assistita in uno stato estero, viene concessa l’assenza retribuita per malattia solo se è uno stato dell’Unione Europea e soltanto se si stanno effettuando trattamenti consentiti e legali anche in Italia.