La struttura produttiva meridionale
Torna all’indice – Se si considerano i settori produttivi, la perdita del valore aggiunto del settore manufatturiero meridionale nel decennio 2007-2018 è stata quasi del -24% circa, un dato molto superiore rispetto al centronord (-5%), del -30% nel settore delle costruzioni, simili alla contrazione registrata nel settore nelle altre regioni del Paese, e del -4% nel settore dei servizi mentre al centronord la variazione è stata lievemente positiva. Nel settore manufatturiero 13.000 unità locali hanno chiuso la loro attività tra il 2009 ed il 2018: si tratta prevalentemente di piccole aziende con fatturato inferiore a19mila euro diminuite a tassi annui compresi tra il 44% ed il 55%. Questa perdita di base produttiva è stata compensata dalla crescita delle unità locali nel settore dei servizi che ha ricostituito nel 2016 lo stesso numero di aziende presenti nel 2016. Tuttavia l’effetto di questa ricomposizione è stata una nuova struttura produttiva nel Mezzogiorno caratterizzata dalla presenza di servizi a minore produttività (cfr. L’impatto economico e sociale del Covid-19: Mezzogiorno e Centro Nord – Svimez 9 aprile 2020).
La struttura produttiva del Mezzogiorno si presenta oggi polverizzata, caratterizzata dalla marcata prevalenza di micro e piccole imprese e da un numero ridotto di grandi imprese. A fine 2018 erano presenti nel Mezzogiorno oltre 2 milioni di imprese, pari ad un terzo delle imprese italiane; di queste 1,9 milioni (il 96% del totale) sono imprese con meno di 10 addetti, 75mila sono piccole e medie imprese (10-249 addetti) e solo 650 sono grandi imprese (sopra i 250 addetti). Inoltre, dei 2 milioni di imprese 1,2 milioni sono organizzate in forma individuale (il 67%), 506 mila in forma di società di capitali (19%), 202mila come società di persone (11%) e 6mila (3%) in forma di consorzi e cooperativa. L’elevata incidenza di imprese individuali è una caratteristica tipica della struttura produttiva meridionale; la loro incidenza si riduce al 55% al Nordovest, al 56% al Centro ed al 57% al Nordest. Nel Mezzogiorno Solo 60 imprese organizzate in forma societaria dispongono di stabilimenti e postazioni con oltre 500 addetti occupando complessivamente 104mila occupati diretti (cfr. il Sud che produce ed innova – Scenario e Linee interpretative – SRM marzo 2020). Inoltre, il patrimonio netto delle imprese meridionali è mediamente inferiore a quello rilevato nel resto del Paese; questo divario dipende dalla minore capitalizzazione delle medie imprese del Mezzogiorno. Le PMI del Mezzogiorno presentano un divario di competitività rispetto al centronord generando minore fatturato e minore valore aggiunto: secondo i risultati del Rapporto PMI sul Mezzogiorno 2019 della Cerved le PMI di capitali meridionali sono il 18% delle PMI di capitali italiane ma generano solo il 15% del fatturato e del valore aggiunto, divario riconducibile alla presenza più ampia nel Mezzogiorno rispetto al contesto nazionale del settore dei servizi, delle costruzioni e dell’agricoltura ed una più contenuta nell’industria. Inoltre le PMI di capitali meridionali presentano un MOL inferiore di 33 punti rispetto al livello pre-crisi e con un divario negativo di 13 punti percentuali rispetto alla media delle PMI italiane.
Gli effetti della minore dimensione e della prevalenza della proprietà individuale per le imprese del Mezzogiorno si riflette anche sulla minore propensione all’esportazione ed all’innovazione rilevata nel sistema produttivo meridionale: solo una quota più ridotta di macroimprese mostra un più elevato grado di innovazione e di apertura ai mercati internazionali.
Le imprese meridionali presentano una struttura finanziaria tuttora esposta a rischi di liquidità sebbene in miglioramento nell’ultimo decennio. Secondo i dati pubblicati da Cerved relativo al campione di imprese in forma di società di capitali la leva finanziaria è andata progressivamente riducendosi dal 125% al 70% nel periodo 2007-2018; tuttavia, il differenziale ROI-costo dell’indebitamento è minore per le imprese di capitali localizzate nel Mezzogiorno rispetto a quelle localizzate nelle altre regioni del Paese a conferma di
un maggior esposizione al rischio di liquidità per le imprese meridionali. Secondo uno studio Svimez in via di pubblicazione, che esamina i dati patrimoniali e reddituali del segmento imprese medio-grandi (con fatturato superiore ad 800mila euro) localizzate nelle due macroaree nel periodo 2008-2016, le imprese meridionali e quelle del centronord presentano un grado di indebitamento simile, espresso dal rapporto debiti finanziari/patrimonio netto (72% per le imprese nel Mezzogiorno e 70% per le imprese del Centronord). Tuttavia, la differenza tra ROI e costo del capitale di terzi è positiva per le imprese settentrionali ma è negativa per le imprese meridionali evidenziando una probabilità di default molto più elevata per queste ultime: lo studio Svimez stima la probabilità di default delle imprese meridionali quattro volte superiore rispetto a quanto avviene nelle regioni centrosettentrionali del Paese.