Fisac Campania: Periodico Luglio 2020

Le condizioni di accesso al credito nel Mezzogiorno


Torna all’indice – La crisi economica del 2009 ha avviato un processo di selezione ed espulsione dal mercato delle imprese giudicate non meritevoli di accesso al credito che è stato particolarmente severo nel Mezzogiorno sia per l’assenza di centri decisionali bancari localizzati in tale area sia per la maggiore incidenza dei crediti deteriorati sia per la presenza a livello locale di banche di minori dimensioni e quindi meno capitalizzate per assorbire in modo indolore le svalutazioni dei non performing loans1. Il processo di selezionato ha scremato le imprese richiedenti credito soprattutto nella prima fase della recessione economica per cui solo a partire dal biennio 2014-2015 le banche hanno potuto allentare nel Mezzogiorno le condizioni di offerta dei finanziamenti ad una platea di imprese già molto piu selezionata e ridotta di quanto è avvenuto in altre aree del Paese. Tuttavia, l’esclusione di una fetta di imprese submarginali reputata non perfettamente.

La figura 3  – vedi PDF – mostra che nel Mezzogiorno (fonte: Economia Regionale – La domanda e l’offerta di credito a livello territoriale – Banca di Italia 2019) le restrizioni dell’offerta di credito bancario sono state più intense rispetto al Centro-Nord negli anni immediatamente successivi alla recessione (2011-2013) e solo dalla seconda metà del 2014 per effetto delle misure espansive di politica monetaria della BCE, si registra un forte allentamento dei criteri che è proseguito ininterrotamente fino al primo semestre del 2018. Tuttavia, a partire dal secondo semestre del 2018 e per tutto il primo semestre del 2019, i rischi di un rallentamento del ciclo economico e le condizioni ed i requisiti patrimoniali più stringenti richiesti alle piccole banche hanno irrigidito nuovamente le condizioni dell’offerta di credito alle imprese.

L’irrigidimento delle condizioni di offerta creditizia ha riguardato nel Mezzogiorno le imprese edili, come nel resto delle aree del paese, e le imprese manufatturiere, laddove per queste ultime nel resto di Italia le condizioni di offerta sono rimaste sostanzialmente immutate. Sono soprattutto le banche più grandi ad aver inasprito le condizioni di offerta nelle regioni meridionali.

Secondo i dati forniti dall’Indagine sulle imprese manufatturiere e dei servizi effettuata dalla Banca di Italia, la percentuale di imprese manfuatturiere ed edili che hanno richiesto nuovi finanziamenti a condizioni più onerose è stata sempre maggiore nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord nel periodo 2011-2018. Si noti che tale quota si riduce continuamente tra il 2011 ed il 2017, anno in cui segna il valore minimo, per poi aumentare nel 2018 (tabella 1 – vedi PDF).

I tassi di deterioramenti dei prestiti alle imprese e dei prestiti alle famiglie (flusso dei nuovi prestiti deteriorati in rapporto ai prestiti) sono strutturalmente superiori nel Mezzogiorno rispetto alle altre aree del Paese: il gap ha raggiunto un picco massimo di oltre quattro punti alla fine del 2012 durante il periodo di crisi economica che ha colpito in misura maggiore le regioni meridionali. Dal 2014 il gap è diminuito e nel 2017 è tornato sui livelli pre-crisi (figura 4 – vedi PDF : fonte Economia delle Regioni Italiane 2019 – Banca di Italia).meritevole ha limitato la possibilità di espansione del credito rispetto alle altre aree del paese.

Il maggior razionamento del credito bancario nel Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord durante gli ultimi anni emerge anche dal confronto del rapporto impieghi/PIl ed impieghi/depositi tra le due aree (tabella 2: fonte Rischio e Accesso al Credito ‘ai tempi della crisi’: il caso dell’Eurozona e del Mezzogiorno di Cesare Imbriani e Antonio Lopes pubblicato in Rassegna Economia nr. 1/2016 a cura di SRM): nel periodo 2005-2015 i rapporti sono stati sempre inferiori nelle regioni meridionali rispetto al centro-nord. Questi trend sono confermati anche nel biennio 2017-2018 (mediamente il rapporto Impieghi/PIL si è mantenuto introrno al 1,13 al Centro Nord e 0,70 nel Mezzogiorno mentre il rapporto Impeghi/depositi bancari e postali è stato mediamente pari a 1,2 al Centronord e 0,9 nel Mezzogiorno). Il gap conferma a parità di PIL l’input prestiti finanziari è inferiore nelle regioni meridionali rispetto al resto del Paese2 e che sussiste nel Mezzogiorno liquidità presente sui depositi che potrebbe essere favorevolmente veicolata in progetti di investimento pubblici e privato.

Le condizioni più restrittive nell’offerta creditizia emergono dal confronto tra i tassi attivi sui finanziamenti praticati nelle due macro-aree (tavola 3 – vedi PDF: fonte Rischio e Accesso al Credito ‘ai tempi della crisi’: il caso dell’Eurozona e del Mezzogiorno di Cesare Imbriani e Antonio Lopes pubblicato in Rassegna Economia nr. 1/2016 a cura di SRM). Nel biennio 2017 e 2018 i tassi di interesse sui prestiti a medio lungo termine sono stati tra il 2% e 2,2% al Centronord e 2,80% e 2,69% nel Mezzogiorno.

In sintesi, dopo una fase prolungata in corso dal 2014-2015 di allentamento delle condizioni di offerta dei prestiti finanziari, le recenti indagini rilevano una nuova fase di irrigidimento dal lato dell’offerta a causa dell’incertezza del ciclo economico e per i più stringenti requisiti patrimoniali imposti alle banche minori e ciò nonostante le operazioni di riduzione degli stock di npl posti in essere nel biennio 2018-2019 da molte banche e gruppi bancari italiani che avrebbero dovuto favorire invece un ulteriore spinta in presenza di politiche monetarie accomodanti alla crescita nel credito specie nel Mezzogiorno. L’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del COVID 19 ed gli effetti economici e sociali del lock down conseguente inevitabilmente introdurranno ulteriori elementi di rigidità nell’offerta di prestiti bancari almeno per il 2020.


Propensione all’innovazione


Torna all’indice – Secondo i dati della pubblicazione Un Sud che innova e produce | Volume 7 | La transizione tecnologica nelle filiere produttive: sostenibilità e innovazione come chiave di sviluppo 2019 – SRM, la spesa per R & S nel Mezzogiorno risulta ancora sottodimensionata rispetto al dato nazionale rappresentando il 15% della spesa totale nel nostro paese ed incidendo solo lo 0,91% sul PIL mentre in Italia essa incide per l’1,38% del PIL. Inoltre le imprese che esercitano attività innovative solo il 16% sul dato nazionale ed utilizzano in modo ridotto marchi e brevetti anche la percentuali di occupati nelle attività manufatturiere medium e hign tech è modesta rispetto al contesto nazionale. Restano bassi anche gli investimenti delle start up innovative (solo il 2,2% degli investimenti privati in start up italiane) così come restano meno diffuse rispetto al dato nazionale le modalità di collaborazione con altri soggetti come Università, centri di ricerca, start up etc. per acquisire conoscenze e competenze per l’innovazione che interessa nel Mezzogiorno solo il 38,5% delle imprese rispetto al 45% delle imprese italiane.
Tuttavia, negli ultimi anni il numero delle imprese innovative localizzate nel Mezzogiorno è andato aumentando ad un ritmo sostenuto: sono presenti nel Mezzogiorno 274 PMI innovative, pari al 20,8% del dato nazionale ed in crescita nell’ultimo anno del 53%, e 2606 start up innovative pari al 24,3% del dato nazionale ed in crescita del 10% rispetto all’anno precedente. I poli tecnologici e le aree specializzate in settori ad alta tecnologia includono 24 mila unità locali e 114mila addetti e pesano rispettivamente il 20,8% ed il 15,7% sul totale nazionale.

Gli spin off universitari attivi sono 1.678 di cui 798 con partecipazione universitaria; di questi ultimi circa la metà cioè 405 sono stati fondati da università meridionali. Si tratta di una realtà in forte crescita; se si considera che tra il 2015 ed il 2019 il numero degli spin off nel Mezzogiorno è quasi raddoppiato a fronte di un aumento del 50% a livello nazionale. Anche le iniziative di collegamento tra le Università e l’economia reale sono cresciute (Netval, Contamination Lab, Meditech, l’Associazione dei Parchi scientifici e tecnologici italiani, i distretti tecnologici, AGCOM).

Anche il dato sull’imprenditoria giovanile ha positivi riflessi in termini di dinamicità ed aperura all’innovazione: le imprese giovanili, pari nel 3° trimestre 2019 a 193.000 unità, rappresentano il 40% del dato nazionale. In generale il Mezzogiorno presenta il più alto tasso di imprenditorialità giovanile 11,4% rispetto al 9,3% presente in Italia.

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